venerdì 28 dicembre 2007

Il pozzo senza fondo della politica italiana (I parte)

Un interessante articolo di Mario Calliguri sul quale riflettere. Ho deciso di proporlo a pezzetti, in modo che venga analizzato con calma e tranquillità.


Premessa
Il costo della politica è un elemento strutturale che determina, in Italia, la crisi della democrazia perché contribuisce a individuare una classe dirigente inadeguata.
Il triangolo d’oro della politica? Il funzionamento delle istituzioni, il finanziamento pubblico ai partiti e le scelte collegate alla gestione delle istituzioni. La Camera dei Deputati costa un miliardo di euro all’anno, quella spagnola un decimo. Un deputato italiano costa sei volte uno spagnolo.
Pensiamo poi al Quirinale: non sappiamo quanti abitanti abbia e come spenda le cifre che sono la somma del bilancio di una città come Bologna.

Costi della politica e qualità della democrazia
Quando si parla di crisi della Repubblica, mi viene in mente quello che secondo me è il più grande politologo italiano – Altan – che in una sua vignetta aveva lucidamente profetizzato: «Prima repubblica, seconda repubblica: facciamo l’ultima e togliamoci il pensiero». Appunto per questo, potrebbe essere interessante collegare le prestazioni della democrazia con la selezione della classe dirigente. Per Robert Dahl la democrazia è un viaggio senza fine.
Nei prossimi anni si potrà allargare, restringere o diventare altra cosa. Fareed Zakaria addirittura parla di democrazia senza libertà. Esistono dei sistemi politici sia nei paesi ricchi che in quelli in via di sviluppo dove c’è la possibilità di andare a votare ma al tempo stesso questo non significa affatto che i cittadini si esprimano in modo libero e consapevole, in quanto condizionati da lobby, dall’influenza mediatica e da poteri che operano in forme palesi e occulte.
Giorgio Galli sostiene che forse potremmo individuare come spirito di questo tempo la crisi della democrazia e ritiene che negli ultimi cinquant’anni i meccanismi delle democrazie siano indiscutibilmente peggiorati in tutto il mondo. Un tema che è ampiamente sottovalutato e che collegherei con il futuro della democrazia è lo scontro che è in atto, e che sarà sempre più forte nei prossimi anni, tra Stato legale e poteri illegali, quegli anti-mondi, quei fronti planetari del disordine, che caratterizzano sempre di più i processi mondiali. Infatti, credo che la presenza della criminalità transnazionale rappresenti un limite fortissimo al corretto funzionamento delle democrazie, anche di quelle più consolidate.
Questo sarebbe un tema su cui discutere molto nel nostro paese, in cui le forze criminali hanno una rilevanza significativa. In Italia come si esprimono le prestazioni della democrazia? Ritengo che non ci sia diffusamente – a livello politico, accademico, culturale e mediatico – la dimensione della crisi devastante che investe la democrazia nel nostro paese. Si affrontano questioni parziali e si procede tra delegittimazioni e demonizzazioni degli avversari, tra risse verbali su presunte questioni di principio, mentre delle cose importanti e gigantesche – come, per esempio, la criminalità – se ne parla solo nell’immediatezza dell’ultimo fatto rilevante.
Dal mio punto di vista, vengono posti sul tappeto continuamente – e non so, a questo punto, quanto in malafede – temi marginali: i Pacs, per esempio, sono certamente un problema, ma a me, come per la quasi totalità degli italiani, non interessano né direttamente né granché. Il «declinismo» va combattuto, ma con i fatti veri e non con le intenzioni o i provvedimenti populistici.
Senza snocciolare dati noti, ne basta uno del quale si parla poco: il 39% del debito italiano è in mano all’estero. Si tratta di un elemento sconcertante. Va detto chiaramente che le prestazioni della democrazia sono strettamente legate alla qualità della classe dirigente. Uno degli ultimi numeri della rivista «Limes» aveva come titolo L’Italia presa sul serio, ma i primi a farlo dovrebbero essere coloro che la rappresentano. Questa è oggettivamente «la causa delle cause» che determina la crisi della democrazia che è crisi della rappresentanza. Sullo sfondo c’è una legge elettorale dove pochi intimi individuano pochi intimi. Se questi pochi sono illuminati, scelgono persone illuminate: in caso contrario i risultati sono di conseguenza.

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