mercoledì 28 novembre 2007

Beautiful songs: Il prestigiatore/Raf

Dall'album "Ouch" (2004)

Lui rimasto solo col suo cappello
Un cilindro nero come il mantello
Senza colombe e senza lei
Lei che se ne è andata nonostante tutto
Indifferente a qualsivoglia trucco per farla rimanere

Come in un quadretto Felliniano
Con un coniglio rimbambito in mano
E carte sparse sul parquet

Con il cuore in gola
Guarda dentro il cilindro per ore
Sospeso a mezz’aria
E il suo silenzio copre ogni rumore
Di niente si accorgerà
Finquando ancora ripenserà
A che coraggio ha avuto
Nel tradirla e dire tutto

Ci fosse solo un modo per ricominciare
Sarebbe certo un pò più facile
La vita per un semplice prestigiatore
Con la bacchetta in pugno ed un foulard
[Il Prestigiatore Lyrics on
http://www.lyricsmania.com/ ]
Pensare poi che …

Che lei divisa in due tutte le sere
Ricompariva intera in un forziere
Armata di paillettes e di sorriso

Oggi spettacolo nuovo del prestigiatore
Che resta sospeso in levitazione
Contro le leggi di gravità
Gente che applaude stupita dal magico trucco

Ma lui vola davvero vola sul mondo
Col suo cilindro e la sua piece

E ancora dolente
Vola in alto come un’aquilone
Poi stanco si arrende
Ed esordisce : signore e signori
Stasera si chiude qui
Perché la vita và così
E certe cose non le puoi cambiare con un trucco.

Se c’è la spiegazione dei miracoli
Esiste solamente dentro noi
Nelle coscienze abbandonate in fondo ai cuori
Son scritte le parole magiche

Ci fosse solo un modo per ricominciare
Sarebbe certo un pò più facile
Non vivere la vita da prestigiatore
Con la bacchetta in pugno ed un foulard

Ci fosse solo un modo per ricominciare
Ci fosse solo un modo per ricominciare

domenica 25 novembre 2007

Squadre vere II: Francia 1998


La Francia, prima dell'avvento di quest'ultima fortissima generazione di calciatori, aveva vinto ben poco. Il centrocampo magico del 1984, quello di Platini, Giresse, Fernandez e Tigana era un gradito ricordo per gran parte dei francesi nel 1998, assieme a quella serie di piazzamenti che aveva ottenuto l'equipe de france nei mondiali del 1982 e del 1986 (4° e 3° posto). Ancora più francesi si ricordavano invece delle delusioni recenti: la mancata qualificazione ai mondiali d'america e la sconfitta in semifinale di fronte alla Repubblica Ceca. La Francia tornava ad ospitare un mondiale dopo 60 anni. Nel 1938 erano stati gli azzurri di Vittorio Pozzo a trionfare nel paese transalpino, ma parliamo di altri tempi e di un altro calcio.

La Francia non era mai arrivata alla conquista di un titolo mondiale. Nel '58 si era trovata davanti l'imprendibile Brasile di Pelè, nell '82 e nell' '86 furono invece i tedeschi dell' ovest a giustiziare i bleus. Il paese dal canto suo si aspettava molto da questa squadra. C'erano grandi aspettative insomma, ma la sqaudra? Bè, i giocatori per puntare in alto c'erano: Desailly, Deschamps, Thuram, Blanc, Djorkaeff, Lizarazu, i giovani Henry e Trezeguet... una rosa di prim'ordine. E poi c'era Zinedine Zidane, il faro, il centro di gravità della squadra, l'uomo che doveva riscattarsi dal brutto europeo giocato due anni prima in Inghilterra e
dimostrare di essere un vero leader, come le amichevoli pre-mondiale sembravano confermare.

Ma c'era anche un esercito di avversari. Primo della lista il Brasile campione in carica, il quale si presentava senza Romario, il simbolo del trionfo americano, ma con Ronaldo, quello che in Italia chiamano "il fenomeno", quello che a soli 21 anni è considerato un calciatore con pochi uguali come valore nella storia di questo sport. Poi c'è l'Italia, che punta su Alessandro Del Piero e sul pichichi Christian Vieri, c'è la Germania campione d'europa con i suoi vecchietti terribili, c'è l'Argentina del bomber Batistuta, l'Inghilterra di Alan Shearer e David Beckham (poi splenderà il genio di Michael Owen), l'Olanda di Bergkamp e Kluivert, più uno stuolo di possibili sorprese. Le quali, essendo sorprese, verranno scoperte ed ammirate solo con il prosieguo del torneo.

Aimè Jacquet si trovò così a dover guidare una nazionale fortissima, in uno dei mondiali che si prospettava come i più belli degli ultimi anni. Il debutto a Marsiglia dei francesi fu ottimo: il sudafrica venne sconfitto con un secco 3 a 0. Poi toccò all'Arabia Saudita, silurata con un perentorio 4 a 0. Ma la seconda partita del girone C fece notizia più che altro per l'infortunio di Dugarry ed il folle gesto di Zidane, il quale, senza precisi motivi, rifilò una pedata ad un giocatore arabo a terra. L'arbitro vide il tutto ed espulse Zizou, il quale, conseguentemente a questa mattana, rientrerà in gioco solo per i quarti di finale. La partita conclusiva del girone vide i francesi superare di misura la Danimarca e passare quindi il turno come primi classificati.

I blues, pur avendo segnato ben 9 reti nel gironcino di qualificazione, avevano paradossalmente un grosso problema in attacco. O meglio, non avevano un vero attaccante di stazza mondiale: Trezeguet e Henry erano ancora giovani ed inesperti, Dugarry era un attaccante normale per non dire mediocre, Guivarch era un attaccante mediocre, per non dire ridicolo
Il problema rimase nascosto finchè, incontrando avversari di basso livello, andarono a segno un pò tutti. Henry segnò 2 gol all'Arabia e 1 al Sudafrica per esempio, ma si trattava di exploit figli della gran manovra che i francesi erano in grado di imbastire e del genio di Zidane (grandissimo nel lanciare a rete l'attaccante). Se ne ebbe la prova negli ottavi d finale
contro il modesto Paraguay, contro il quale i transalpini faticarono e non poco ad ottenere la vittoria. Fu un colpo di testa di Blanc a chiudere i conti.

Nei quarti di finale i padroni di casa si trovarono faccia a faccia con la squadra più brutta, esteticamente parlando, di tutta la coppa del mondo: l'Italia. Guidati da uno strano personaggio di nome Cesare Maldini, gli azzurri erano arrivati, dopo mille paure e ansie, ad un passo dalle semifinali. Il gioco dell'Italia era caratterizzato dall'uso sistematico del lancio lungo a cercare
Christian Vieri, il quale, con 5 gol in 4 gare aveva risolto una serie di situazioni intricate, ultima delle quali la gara contro la Norvegia. Del Piero, che doveva essere la stella, finì per assomigliare alla stalla della manifestazione; in compenso Roberto Baggio, che era in buone condizioni fisiche, era inspiegabilmente tenuto in panchina.
Come è giusto che sia furono gli azzurri ad avere la peggio. Non prima però di aver venduto cara la pelle ed aver fatto sudare freddo tutta la nazione francese. Vieri si trovò solo davanti a Barthez, ma gli tirò in bocca; Baggio (entrato in campo per sostituire il fantasma) sfiorò il gol dei gol con una gran voleè di destro.

L'Italia uscì ai rigori, come 4 anni prima in America. Furono decisivi gli errori di Albertini e Di Biagio, sebbene fossero stati i francesi a sbagliare per primi un penalty con il terzino Lizarazu. Adesso la Francia ci crede davvero, anche perchè mancano solo 2 partite per coronare il sogno. I francesi si trovarono sulla loro strada la fantastica Crozia di Davor Suker (poi scarpa d'oro mondiale) e Prosinecki. I croati, passati come secondi nel proprio girone dietro l'Argentina, e trascinati dal centravanti del Real Madrid avevano sconfitto Romania e Germania. La semifinale prese una piega inaspettata nel secondo tempo, quando fu ancora l'incredibile Suker ad andare a segno. La Francia non era mai andata in svantaggio in tutto il mondiale, avrebbe reagito a questa sberla? Lo fece nella maniera più incredibile, poichè fu un difensore, e per di più con una doppietta a dare il pass ai bleus per la semifinale. Se la Francia arrivò in finale gran merito era quindi di Lilian Thuram, il forte difensore del Parma. E chi ci poteva essere in finale se non il Brasile?

La selecao era l'unica squadra non europea ad aver vinto il titolo nel vecchio continente. Era il 1958, e i padroni di casa della Svezia furono travolti con un perentorio 5 a 2. Il Brasile poteva contare all'epoca sul supporto straordinario di Pelè, che, nonostante i suoi 17 anni, era già considerato il più forte giocatore del mondo. Le analogie con il torneo di 40 anni prima erano molte: il Brasile era difatti trascinato da Ronaldo, un nuovo fenomeno, si scontrava con i padroni di casa. Tra le altre cose, il ct della selecao era Mario Zagallo, uno che nel 1958 c'era, ma in campo.

Ma com'era arrivato il Brasile alla finale? Dopo non aver brillato nel girone di qualificazione (basti pensare alla sconfitta, indolore però, contro la Norvegia) i verdeoro avevano battuto Cile, Danimarca e Olanda (nel match più bello della rassegna iridata). Qualcosa però non tornava: il potenziale carioca non era espresso al massimo. Il Brasile non era una squadra, non aveva la stessa unitarietà che gli avrebbe permesso di vincere i mondiali 4 anni dopo. Ronaldo dava spesso l'impressione di essere abbandonato a sè stesso, di non essere inserito in un vero meccaismo di gioco. L'altra grande stella brasiliana Rivaldo e il fenomeno avevano trascinato la selecao fino alla finale. Il misterioso attacco epilettico che colpì Ronaldo dimezzò di fatto la forza dei brasiliani, proprio alla vigilia di un match come la finale di coppa del mondo. Non ci fu storia dunque. troppo forte e compatta la nazionale francese. E vuole la logica delle cose, tocca a Zinadine Zidane il ruolo dell'eroe: doppietta di testa, due gol in fotocopia che mettono k.o il Brasile prima del colpo di grazia di Emanuel Petit, che sfrutta l'assist di un altro giovane francese promettente: Patrick Vieira.

La vittoria francese, che molti videro più che altro come una sconfitta brasiliana (un pò come successe nel 1982, ma questa è un altra storia) fu invece l'ennesima dimostrazione, semmai ce ne fosse bisogno, dell'importanza del gruppo e delle dinamiche di gestione dello stesso. La Francia meritò il titolo mondiale pienamente, soprattutto perchè, alla fine di tutto, fu la squadra con miglior attacco (e fortuna che non aveva un centravanti decente) e miglior difesa. Per i francesi era l'inizio di un periodo d'oro, che tuttora non si può dire concluso. Se la vecchia guardia composta da Deschamps, Desailly, Blanc, aveva già lasciato la nazionale tra il 2000 e il 2002, non si può difatti certo dire che la nazionale che è arrivata in finale contro l'Italia nel 2006 fosse tutta un' altra squadra. Erano infatti presenti Trezeguet (ce lo ricordiamo tutti bene), Henry, Vieira, Thuram, Barthez e soprattutto il grande Zidane. Sono cambiati gli allenatori, ma lo spirito dell'equipe de France è rimasto intatto in questi 8 anni. Vedremo senza Zinedine Zidane cosa saranno in grado di combinare in Austria e Svizzera.

Le mails di Francesco


Mail dal mio amico Francesco. Io, da vero amico, copio e incollo.


Prodi in groppa al suo cavallo Furio sta aspettando il verde per
attraversare la strada, quando una bambina su una bicicletta nuova di
zecca
si ferma accanto a lui.

"Bella bici - dice il premier - te l'ha portata Babbo Natale?"
"Certo che me l'ha regalata lui" risponde la bimba.
Dopo aver scrutato la bicicletta, il presidente del consiglio Prodi
consegna
nelle mani della piccina una multa da 5 euro.
"La prossima volta -le dice- dì a Babbo Natale di mettere sulla
bicicletta
una luce posteriore".

La bambina, per nulla intimorita, lo guarda e gli dice:
"Bel cavallo, signore. Gliel'ha portato Babbo Natale?"
"Certo che me lo ha portato lui" risponde Prodi con aria stupita e
divertita.
"Allora - continua lei -la prossima volta dica a Babbo Natale che i
coglioni
vanno sotto il cavallo, non sopra"

P. S.:Tutte le persone che ricevono la presente comunicazione hanno
l'obbligo civile e morale di trasmetterla ad almeno altre cinque MILA
persone. Non sia mai che qualcuno lo votasse di nuovo...

Questa e-mail sta girando il mondo come simbolo di pace e di
prosperità
...... non fermarla!!

giovedì 22 novembre 2007

Squadre vere I: Grecia 2004 (II parte)


Il calcio però non è una scienza. Angelos Charisteas non aveva voglia di fermarsi al solo gol segnato contro la Spagna. Era la sua estate, la sua grande rivincita. La rivincità del gregario, della ruota di scorta (un pò quello che successe a Materazzi 2 anni dopo), del giocatore da turn-over, dell'eroe per caso. E Charisteas non si tirò di certo indietro, così come il resto dei greci.

E la Greci compì l'impresa. Dopo un primo tempo giocato ad alti livelli (i greci presero anche un palo con Katsouranis), i francesi presero in mano la partita, o per lo meno ci provarono. Al 65' però arrivò il colpo di grazia: Zagorakis, dopo aver saltato Lizarazu, mise in mezzo per la testa del centravanti greco. Per Barthez non ci fu scampo.

Era il gancio che metteva k.o. i campioni d'europa in carica. Uno shock per tutta l'europa calcistica. Ad Atene invece cominciavano a crderci per davvero.

Gli ellenici si trovavano ora davanti un avversario davvero tosto: la Repubblica Ceca del pallone d'oro Pavel Nedved, una grande squadra che aveva incontrato ben pochi problemi da Giugno in avanti, chiudendo a punteggio pieno il gruppo e schiacciando con un pesante 3 a 0 la vigliacca Danimarca del vigliacco Poulsen.

Ma per l'ennesima volta i greci si superarono. Fu Dellas, panchinaro nella Roma, a diventare l'eroe di giornata. C'è da dire che la Repubblica Ceca avrebbe meritato ampiamente la qualificazione, ma Milan Baros (capocannoniere dell'europeo) non andò a segno in quest'occasione. L'infortunio di Nedeved favorì il passaggio dei Greci alla finale.

Una finale contro i padroni di casa, ancora contro il Portogallo sconfitto all'esordio. Possibile sconfiggere ancora una volta i portoghesi? A quanto pare per la Grecia di 3 anni fa NULLA era impossibile, perchè i portoghesi persero ancora. Fu ancora Charisteas, ancora di testa (con gravi colpe però di Ricardo in occasione del gol) e ancora attorno al 65' a segnare il gol decisivo. Così, mentre un intera nazione sprofondava nel pianto, Atene impazziva di gioia. L'europa in generale capiva che quest'estate era greca a tutti gli effetti, considerando che dà lì a poco anche le olimpiadi estive si sarebbero svolte nella capitale ellenica.

In Italia molti pseudo fenomeni etichettarono il successo greco come "la fine del calcio" (qualcosa di simile alla fine del mondo), "una mera casualità", "pura fortuna". La verità è che 23 carneadi misero in ginocchio tutte le nazioni calcisticamente più forti del vecchio continente, evidenziando quanto possa essere importante il gruppo nel calcio moderno. Chi, come FRancia e Italia, ha imparato qualcosa da tutto questo ha giocato la finale mondiale del 9.7 a Berlino. Gli altri, come per esempio Inghilterra e Spagna, continuano a collezionare figuraccie e a dire che è colpa della sfiga.

mercoledì 21 novembre 2007

Squadre vere I: Grecia 2004 (I parte)




L'arbitro fischia. L'europeo portoghese è finito. I nuovi campioni d'europa vengono dall'Europa del sud, ma non parlano italiano, spagnolo o portoghese, perlomeno non come lingua madre. Sarà Zagorakis ad alzare la coppa. Zago chi? Zagorakis, fiero capitano della Grecia, votato dalla giuria come miglior giocatore del torneo ed ora presidente del PAOK Salonicco. Grecia dunque. In Portogallo non vogliono crederci: loro, i padroni di casa, squadra più spettacolare del torneo, buttati giù da un gruppo di semisconosciuti... Roba da non credere.

Fu così casuale la vittoria greca agli europei? Io penso di no, anche perchè rifiuto a priori di credere alla fortuna, se non nella misura che essa esista se cercata voluta, seguendo una specie di versione reggiana (personalissima) del calvinismo. Come arrivò la Grecia all'europeo? Vincendo il proprio girone di qualificazione, davanti a Spagna e Ucraina (non il Carpi e la Giacomense). Lo fece con un ruolino di marcia di tutto rispetto: dopo aver perso le due prime partite, gli ellenici si ripresero alla grandi e vinsero le restanti 6 partite. Espugnarono addiritura Zaragoza, infliggendo alla Spagna una sconfitta che, qualche mese successivo, avrebbe avuto il sapore della profezia.

Quindi la Grecia aveva senz'altro a disposizione già un piano di gioco, un'organizzazione, a dimostrazione che nulla è casuale nella vita. I greci finirono in un girone di ferro, con Russia, Portogallo (padrone di casa) e Spagna (ancora una volta). Ma il ct Rehagel (tedesco) aveva ben chiare le idee: sapeva di non poter sfidare apertamente queste squadre, sapeva di non aver Zidane o Ronaldo in squadra. E fece così di necessità virtù.

Dopo la vittoria all'esordio contro i padroni di casa, un sofferto pareggio contro la Spagna (charisteas fu straordinario nell'approfittare di una delle poche incertezze della retroguardia iberica) consentì ai Greci il lusso di poter perdere contro la Russia e qualificarsi ugualmente, mentre nella battaglia campale fra spagnoli e portoghesi furono i lusitani ad avere la meglio.

Poi i quarti, e la sfida contro la Francia. Grecia data perdente al 99%, ma è dai tempi di Leonida che i greci si esaltano in queste sfide. I francesi, fiduciosi in ciò che potevano combinare Henry, Zidane e Trezeguet là davanti, non avevano dubbi: toccava a loro passare il turno.

martedì 20 novembre 2007

L'importanza di Luca Toni


Luca Toni è un fenomeno. E lo affermo nel pieno della mia lucidità mentale. Non è tecnico, d'accordo, non è veloce, non è Trezeguet in acrobazia. Diciamo che ai più può sembrare un giandone. Ma la realtà è ben più coplessa. Me lo ricordo il vecchio Luca Toni, quello di Brescia e Vicenza, un attaccante forte, ma forte come tanti. Due piedi quadrati, nulla di fenomenale, solo un gran fisico, un gran colpo di testa, una grande forza d'animo.

Poco insomma per emergere dal gruppo, per fare la differenza. Arriva ai 26 anni senza particolari sussulti, passando però al Palermo. In Sicilia però le cose cambiano. La media gol di Luca Toni si impenna: 50 gol (tra A e B) in 80 presenze. Sembra quasi un altro calciatore. Il punto è che la performance di Toni non cambia che si parli di Serie A o B. Passa quindi alla Fiorentina, la squadra che una volta era di Gabriel Omar Batistuta, ma Luca non sente particolari responsabilità. Come diciamo dalle nostre parti (dico nostre, poichè Luca Toni ed io siamo nati a 20 km di distanza) questo ragazzo "al'ga dù maraun acsè" (ci siamo già capiti). Diventa l'idolo del Franchi, arriva alla scarpa d'oro schiantando Eto'o e Henry, è parte integrante dell'Italia campione del mondo in Germania.

Già, l'azzurro. Toni va a segno nella prima partita di qualificazione mondiale giocata a Palermo, contro la Norvegia. Lippi crede nel modenese ed ha ragione. Piano piano Toni diventa il vero centravanti titolare dell'Italia, scalzando Vieri, Gilardino e compagnia bella. Lippi capisce che è il più forte, perchè i difensori non riescono ad arginarlo fisicamente, perchè se lui là davanti arriva sul pallone, tutta la squadra può attaccare gli spazi contando sul suo appoggio. E'un vantaggio incalcolabile averlo in campo. La dimostrazione della forza straordinaria di Toni arriva in casa dell'Olanda. Luca segna un gol e fa diventare pazza la difesa orange. Il ct dell'Olanda, uno dei più forti centravanti di tutti i tempi, un certo VAN BASTEN, dichiarerà di aver visto in campo un centravanti incontenibile. Luca Toni per l'appunto.

Poi i mondiali, l'esordio con traversa contro il Ghana, la doppietta contro l'Ucraina, il gol annullato e la traversa in finale. Non è un mondiale perfetto, ma il lavoro sporco c'è stato. Luca Toni è stato una pedina fondamentale nello scacchiere azzurro. Anche Donadoni sa quanto lui sia importante. Se l'Italia ha staccato il biglietto per l'europeo austro-elvetico, il merito è anche del ragazzone di Stella.

Segna il gol della tranquillità nel match spareggio contro l'Ucraina, una sua doppietta piega la tenace Scozia a Bari, è suo il gol del vantaggio nel ritorno con i britannici. E'insomma tra i grandi protagonisti della nuova Italia di Donadoni , assieme a Pirlo, Di Natale, Cannavaro.

Ma alla fine, com'è possibile che un giocatore normale sia diventato una macchina da gol? Bè, intanto c'è da dire che l'attuale Luca Toni è u giocatore più che discreto tecnicamente, diciamo che ha "arrotondato" gli spigoli dei piedi con l'allenamento. Poi aggiungiamo anche una dimensione psicologica del fenomeno, ovvero il fatto che questo ragazzo abbia cominciato a credere nelle proprie possibilità, incoraggiato anche da chi gli è sempre stato vicino, aiutato da scelte oculate (prima di tutto dove andare a giocare) e opportune. Adesso l'Italia ha a disposizione un calciatore maturo, immarcabile per un gran numero di difensori. Spero davvero che l'europeo possa essere per lui la consacrazione. In bocca a lupo Luca!!

domenica 18 novembre 2007

Und jetzt europameisterschaft!!!


E' difficle vedere l'Italia mancare nei momenti decisivi ultimamente. Come dimostrò il mondiale di Germania dopo un gran girone di qualificazione e alcune vittorie roboanti in amichevole (quella di Firenze contro la Germania fu un inno al calcio), come dimostrò il gran recupero della nostra nazionale dopo l'abbandono di Lippi (se penso allo scorso 6/9 mi vengono i brividi, ero sicuro che non ci saremmo mai qualificati per l'europeo) e come ha dimostrato la gran partita di ieri sera in quel di Glasgow.

E' bello per me che ho 21 anni vedere una nazionale così. Grintosa ma anche tecnicamente valida, umile, con tanti giocatori che si sono fatti da soli (penso soprattutto al mio conterraneo Luca Toni), con altri come Cannavaro e Panucci che continuano a giocare con il cuore, con l'amore per l'azzurro, con Pirlo e Buffon che meriterebbero un pallone d'oro a testa.

Mi ricordo delle nazionali italiane degli anni '90. Cavolo, avevamo un potenziale infinito. Baggio, Maldini, poi Del Piero, Nesta.... Ma no avevamo una sqaudra. E questo si vedeva prontamente nelle qualificazioni, quando rischiavamo di tutto, contro qualsiasi nazione esistente. Poi ai mondiali o agli europei ce la cavavamo. Sempre con il trascinatore di turno. Che fosse Baggio (Usa94), Vieri (4 anni dopo) o addiritura un careade come Schillaci poco importava. Fatto sta che in 10 anni i risultati arrivarono sotto forma di piazzamenti e nulla più.

Poi la parentesi Zoff (98-00) e il primo abbozzo di un Italia diversa, operaia, unita. Una di quella squadre che esaltano gli italiani, che assomigliano tanti ad un ciclista che non può mollare la ruota di chi sta attaccndo la salita. E allora si difende come può, ciondolando la testa, con smorfie di ogni tipo. Ma piace, perchè lotta, fino alla fine, con il cuore. Il pubblico vede che non ne ha più, che quello che sta facendo ritmo lì davanti ne ha di più. E allora applaude, perchè capisce che la vera impresa nello sport, come nella vita in generale (ecco perchè lo sport alla gente piace poi così tanto) non è tanto il non cadere mai, quanto il sapersi rialzare per l'ennesima volta.

Perdemmo quel bellissimo europeo olandese, non prima di aver elimintao i padroni di casa dopo una partita incredibile (e, lì sì, tanto fortuna) e non prima di aver fatto tremare l'equipe de france di Zidane, Deschamps, Henry e Trezeguet. In quell'europeo vidi insomma il vero spirtio italiano, un qualcosa che assomigliava a quello del leggendario quanto per me sconosciuto (poichè, ahimè, mai visto) team del 1982.

Arrivò Trapattoni e furono 4 anni grigi che culminarono con 2 figure misere (o meglio, due disastri) in Corea e Portogallo. Lippi riprese il lavoro di Zoff, o quello che poteva recuperare, e lo elevò alla seconda. Si creò un gruppo coeso, solido, quello che ieri (con alcune modifiche) ha sbancato Glasgow. E allora grazie a tutti: a Donadoni (che ha saputo far fornte ad un'emergenza di fronte alla quale neppure Bearzot potè arginare) a Totti e Nesta (perchè sinceramente se non si ha voglia di sporcarsi e meglio prendere il sole a Fregene invece che andare nel pantano che c'era ieri sera a Glasgow) a tutti quelli che c'erano ieri sera in campo, panchina e tribuna (tifosi compresi) alla stampa straniera, eccetto quella francese (la più intelligente nonostante tutto) , la quale continua a parlare di catenaccio invece che di determinazione.

E forza Italia!

venerdì 16 novembre 2007

Glasgow 17.11.2007




Ci siamo! Ancora solo 24 ore e finalmente comincerà l'incontro degli azzurri in quel di Glasgow. Senza Totti e Nesta (a proposito, fortuna che ha lasciato la nazionale per giocare meno, fa tutte le amichevoli di Dio con il Milan. Complimenti per la coerenza), senza Materazzi (il quale tornerà), Del Piero (sia lodato il cielo) e Inzaghi (largo ai giovani).

Veniamo da una settimana drammatica, drammaticamente normale per noi italiani. La morte di Gabriele, le violenze degli ultras (o criminali?), l'appello di Kakà, il contrappello di Panucci... una gran voglia di calcio vero, di quello che unisce, non di quello che fa venire il voltastomaco.

Sembra che giocheremo con il modulo classico a 3 punte, che in realtà non è altro che la diretta evoluzione del modulo utilizzato in Germania da Lippi. E questa non è una critica a Donadoni, bensì un elegio, perchè ha saputo reggere splendidamente al post_Lippi, senza fare strani esperimenti e dovendo far fronte ad una vera situazione d'emergenza. Comunque vada a finire, Donadoni merita un elogio, anche per non essersi piegato alla politica del baciamano (Del Piero e altri intoccabili sono tornati sul pianeta terra).

La Scozia è avversario tosto, ha dato filo da torcere all'Italia di Lippi nelle qualificazioni a euro 2006 (ricordo la partita di glasgow, finì 1 a1, ma quel Miller ci fece rincretinire), ha sconfitto 2 volte la Francia di Domenech. Non si arrende mai e in qualsiasi altro girone avrebbe già la qualificazione in tasca.

L' uomo del match? Vedo molto bene Mauro German Camoranesi.

Vedremo.