lunedì 31 dicembre 2007

Il pozzo senza fondo della politica italiana (IV parte)

Una classe politica bloccata


Quali sono le conseguenze?

Il sistema politico esprime una classe politica immobile e anziana. Per esempio, se dobbiamo individuare il rappresentante della massima istituzione repubblicana tra un esponente di 50 e uno di 80, ne scegliamo trionfalmente uno di 80. E questo succede in ogni contesto. Si esprime, quindi, una classe politica inevitabilmente anziana.

In questa legislatura che ha appena preso il largo, l’età media alla Camera è superiore ai 50 anni nel 61,1%: nella precedente legislatura era il 52,7%. Specularmene al Senato, chi ha superato i 50 anni sono l’81,1%, mentre nella precedente legislatura era il 74,8%. Questo comporta la conseguenza inevitabile che la prima professione, sia alla Camera che al Senato, è quella dei funzionari di partito: alla Camera sono il 21,4% a fronte del 9,5% della precedente legislatura e lo stesso naturalmente vale per il Senato, dove sono il 19,5% a fronte del 5,5% della precedente legislatura.

Con questi dati, dov’è la meritocrazia? E, soprattutto, dov’è la libertà di scelta dei cittadini costretti a votare su liste bloccate? Prevale solo la funzionalità e la fedeltà. E con questi eletti pretendiamo anche che vengano affrontati i problemi delle pensioni, della criminalità, della riforma fiscale, della scuola, dell’università, della ricerca? Ma con questi criteri di scelta dove pretendiamo di andare? A questo si aggiunga che abbiamo una classe politica difficilmente sostituibile.

La circolazione delle élite, di cui parlava Pareto, che è l’elemento centrale della democrazia, è chiaramente sconfessata anche dalle aride cifre: alla Camera i riconfermati sono stati il 61,3%, a fronte del 47,5% della scorsa legislatura, mentre al Senato è ancora più alta la percentuale: il 66,4% sono stati i riconfermati, a fronte del 41% della scorsa legislatura, dove pure il sistema elettorale era sempre predeterminato ma qualche minima libertà la consentiva.

Quindi, viene espressa una classe politica che ha evidentemente lo sguardo corto e che pensa solo alle elezioni politiche successive, per garantirsi lo status, principalmente economico. Una classe politica sostanzialmente omogenea, che nella composizione delle liste individua spesso senza alcun ritegno familiari diretti e affini.

Non parliamo poi della rappresentanza femminile che, se viene individuata con i criteri che abbiamo visto, è meglio non averla.

domenica 30 dicembre 2007

Il pozzo senza fondo della politica italiana (III parte)

pan style="font-weight:bold;">Quirinale, 2000 dipendenti


Qual è il triangolo d’oro dei costi della politica? I costi diretti del funzionamento delle istituzioni, il finanziamento pubblico ai partiti e le scelte collegate alla gestione delle istituzioni pubbliche. I costi diretti sono noti e ci vengono sbattuti impunemente davanti agli occhi. Pochissimi dati: basti pensare al Quirinale. Tanto per cominciare, non sappiamo esattamente quanti dipendenti abbia e come spende le cifre – che dovrebbero essere intorno a 250 miliardi di vecchie lire – che sono la somma del bilancio di una città media come Bologna, di 400.000 abitanti. I dipendenti del Quirinale dovrebbero invece essere 2000, ma anche il numero è avvolto nelle nebbie.

Sono pochi o molti? Basta fare delle comparazioni. Alla Casa Bianca, dove il presidente è contemporaneamente capo dello Stato e del governo, i dipendenti sono – compresi cuochi, giardinieri e stagiste – intorno ai 400. In Irlanda, dove il Presidente della Repubblica ha funzioni simili a quello italiano, i dipendenti sono 12. Questo ovviamente si riflette su tutto il resto, a cominciare dai parlamentari europei, che guadagnano 149 mila euro all’anno contro i 10 mila degli ungheresi.
E teniamo conto che svolgono la stessa funzione e nelle stesse sedi geografiche.

La Camera dei Deputati costa un miliardo di euro all’anno, mentre quella spagnola costa un decimo. Un deputato italiano costa sei volte un deputato spagnolo, eppure svolgono le stesse funzioni. Anche la riforma costituzionale che è stata bocciata dal referendum aveva proposto una modesta riduzione di parlamentari da 945 a 752, che peraltro sarebbe entrata in vigore – udite, udite – nel 2016.

Un numero sempre sproporzionato se si pensa che con una popolazione enormemente maggiore negli Usa tra Congresso e Senato sono in tutto 540 e in Russia in totale i parlamentari sono 400, concentrati in una sola Camera.
In Italia, si registra anche un eccesso dei livelli istituzionali: per esempio, a cosa servono le 365 Comunità Montane che spendono 800 milioni di euro l’anno, se non per assegnare stipendi ad assessori e presidenti?

Ma il tema non attiene strettamente ai partiti (per quanto da questi direttamente derivi): possiamo consentirci di pagare un governatore della Banca d’Italia un milione di euro all’anno, quando il presidente della Federal Reserve statunitense costa 180 mila dollari ai contribuenti americani? È una cosa possibile?

E ancora: si sostiene che gli alti emolumenti garantiscano l’indipendenza dei nostri rappresentanti elettivi, ma posto per assurdo che sia così – e abbiamo visto comparando con il resto del mondo che non è così – questi privilegi e questi costi si estendono ope legis anche a commessi, segretari, bidelli che lavorano al Quirinale, alla Corte Costituzionale, alla Camera, al Senato e via dicendo?

Si tratta sempre di dipendenti della pubblica amministrazione, eppure percepiscono il triplo, il quadruplo, il quintuplo di quello che guadagnano coloro i quali svolgono le stesse funzioni nei comuni, nelle scuole, nei ministeri. Si sostiene che è una giungla retributiva: chissà creata da chi.

Il secondo lato del triangolo è rappresentato dal finanziamento pubblico ai partiti. Nel 1993, l’ultima occasione in cui si è raggiunto il quorum di votanti, ai referendum proposti dai radicali, i cittadini italiani risposero con chiarezza e senso di responsabilità, esprimendosi sulla responsabilità civile dei giudici, sulle iscrizioni sindacali, sulla legge elettorale per dare maggiore stabilità alle istituzioni e anche sul finanziamento pubblico ai partiti, abolendolo.

Tutti i provvedimenti consequenziali sono stati, uno a uno, vanificati e in particolare oggi il finanziamento pubblico è di gran lunga maggiore di prima. Infatti, solo nel 2005 il finanziamento pubblico ai partiti ha assorbito 196 milioni di euro più i 90 milioni di euro che vengono assegnati ai gruppi parlamentari. A questo va sommata una parte consistente dei quasi 700 milioni di euro rappresentati ai contributi statali all’editoria, che va ai giornali di partiti e sedicenti movimenti politici. Nel complesso, sono cifre importanti e sono queste che ingessano la democrazia.

E poi c’è il terzo pilastro, rappresentato dai costi collegati alle scelte – e spesso alle non scelte – politiche. Alcune decisioni ritardano processi, impediscono la liberazione di energie che rimangono invece utilizzate per mantenere rendite parassitarie e improduttive per la collettività, tranne che per i diretti beneficiari. Tutta la gestione politica e amministrativa alloca risorse e determina processi, successi e insuccessi economici di milioni di persone.

sabato 29 dicembre 2007

Il pozzo senza fondo della politica italiana (II parte)

Cos’è che non va


Due temi oggi vanno risolti, al di fuori dei luoghi comuni: il federalismo e il costo della politica.

Il primo lo stiamo, ovviamente, declinando «all’italiana». Infatti, il federalismo dovrebbe comportare che, a maggiori poteri, corrisponde maggiore senso di responsabilità da parte delle classi dirigenti. Avviene invece esattamente l’opposto. Qualche dato: il debito degli enti locali dal 2000 al 2004 è quasi raddoppiato, passando dal 3% al 5,30%. La spesa dal 1999 al 2004 è aumentata del 32,5% nelle regioni, del 57% nelle province – enti praticamente inutili – e del 23% nei comuni. Il debito delle regioni nel quadriennio 1999-2003 è aumentato del 100%.

E la tendenza è questa ed è in aumento. Non a caso c’è chi come Sabino Cassese, Antonio Maccanico e Geminello Alvi parlano dello sfascio rappresentato dalle regioni. Cassese, in una serie di articoli sul «Corriere della Sera» nel 2004 e nel 2005, sostiene giustamente che si sta riflettendo sui poteri da trasferire alle regioni senza discutere su come le regioni siano attrezzate per assolverli. Non a caso, propone di fondare il federalismo partendo dai comuni più che dalle regioni.
Maccanico, nel libro di Roberto Napoletano “Fardelli d’Italia” dice che una delle quattro-cinque ragioni che hanno rovinato l’Italia è stata l’istituzione delle regioni.

E poi, nell’ultimo libro di Geminello Alvi, “UNa Repubblica fondata sulle rendite”, si sostiene addirittura di abolire le regioni, sostituendole con dimensioni territoriali ottimali e meno sprecone. Assume finalmente rilevanza il concetto di responsabilità e dei conseguenti costi della politica. Sarebbe tragico considerare il problema del costo della politica rubricandolo nella voce «sprechi» oppure nella direzione dei compagni che sbagliano, o, peggio, identificare ancora questo tema in un ambito qualunquistico, moralistico, populistico, alla Guglielmo Giannini o alla Pierre Poujade, offrendo così facili argomenti ai diretti beneficiari.

A mio avviso, invece, il costo della politica è un elemento strutturale che determina, in Italia, la crisi della democrazia perché contribuisce a individuare una classe dirigente assolutamente inadeguata. Pertanto, si tratta di un tema legato alle effettive prestazioni della democrazia, essendone contemporaneamente causa ed effetto. Non è questo l’unico problema che abbiamo, ma è indiscutibilmente un problema, ed è un problema notevole.

Negli Stati Uniti ci sono due correnti di pensiero: una è la public choice, che ci spiega che le scelte pubbliche vengono compiute dai decisori politici soprattutto in funzione del proseguimento dell’incarico che già rivestono, con i benefits relativi. Come si vede tutto il mondo è paese. E poi c’è la corrente di pensiero della common cause. Sorta nel 1970, è un’associazione di cittadini che si occupa del monitoraggio dei processi organizzativi della politica, con i relativi costi, diretti e indiretti.

Per queste ragioni, credo, la crisi del paese è strettamente legata ai costi della politica, e i costi della politica incidono sulle prestazioni della democrazia, diretta conseguenza delle modalità di individuazione della classe dirigente.

venerdì 28 dicembre 2007

Il pozzo senza fondo della politica italiana (I parte)

Un interessante articolo di Mario Calliguri sul quale riflettere. Ho deciso di proporlo a pezzetti, in modo che venga analizzato con calma e tranquillità.


Premessa
Il costo della politica è un elemento strutturale che determina, in Italia, la crisi della democrazia perché contribuisce a individuare una classe dirigente inadeguata.
Il triangolo d’oro della politica? Il funzionamento delle istituzioni, il finanziamento pubblico ai partiti e le scelte collegate alla gestione delle istituzioni. La Camera dei Deputati costa un miliardo di euro all’anno, quella spagnola un decimo. Un deputato italiano costa sei volte uno spagnolo.
Pensiamo poi al Quirinale: non sappiamo quanti abitanti abbia e come spenda le cifre che sono la somma del bilancio di una città come Bologna.

Costi della politica e qualità della democrazia
Quando si parla di crisi della Repubblica, mi viene in mente quello che secondo me è il più grande politologo italiano – Altan – che in una sua vignetta aveva lucidamente profetizzato: «Prima repubblica, seconda repubblica: facciamo l’ultima e togliamoci il pensiero». Appunto per questo, potrebbe essere interessante collegare le prestazioni della democrazia con la selezione della classe dirigente. Per Robert Dahl la democrazia è un viaggio senza fine.
Nei prossimi anni si potrà allargare, restringere o diventare altra cosa. Fareed Zakaria addirittura parla di democrazia senza libertà. Esistono dei sistemi politici sia nei paesi ricchi che in quelli in via di sviluppo dove c’è la possibilità di andare a votare ma al tempo stesso questo non significa affatto che i cittadini si esprimano in modo libero e consapevole, in quanto condizionati da lobby, dall’influenza mediatica e da poteri che operano in forme palesi e occulte.
Giorgio Galli sostiene che forse potremmo individuare come spirito di questo tempo la crisi della democrazia e ritiene che negli ultimi cinquant’anni i meccanismi delle democrazie siano indiscutibilmente peggiorati in tutto il mondo. Un tema che è ampiamente sottovalutato e che collegherei con il futuro della democrazia è lo scontro che è in atto, e che sarà sempre più forte nei prossimi anni, tra Stato legale e poteri illegali, quegli anti-mondi, quei fronti planetari del disordine, che caratterizzano sempre di più i processi mondiali. Infatti, credo che la presenza della criminalità transnazionale rappresenti un limite fortissimo al corretto funzionamento delle democrazie, anche di quelle più consolidate.
Questo sarebbe un tema su cui discutere molto nel nostro paese, in cui le forze criminali hanno una rilevanza significativa. In Italia come si esprimono le prestazioni della democrazia? Ritengo che non ci sia diffusamente – a livello politico, accademico, culturale e mediatico – la dimensione della crisi devastante che investe la democrazia nel nostro paese. Si affrontano questioni parziali e si procede tra delegittimazioni e demonizzazioni degli avversari, tra risse verbali su presunte questioni di principio, mentre delle cose importanti e gigantesche – come, per esempio, la criminalità – se ne parla solo nell’immediatezza dell’ultimo fatto rilevante.
Dal mio punto di vista, vengono posti sul tappeto continuamente – e non so, a questo punto, quanto in malafede – temi marginali: i Pacs, per esempio, sono certamente un problema, ma a me, come per la quasi totalità degli italiani, non interessano né direttamente né granché. Il «declinismo» va combattuto, ma con i fatti veri e non con le intenzioni o i provvedimenti populistici.
Senza snocciolare dati noti, ne basta uno del quale si parla poco: il 39% del debito italiano è in mano all’estero. Si tratta di un elemento sconcertante. Va detto chiaramente che le prestazioni della democrazia sono strettamente legate alla qualità della classe dirigente. Uno degli ultimi numeri della rivista «Limes» aveva come titolo L’Italia presa sul serio, ma i primi a farlo dovrebbero essere coloro che la rappresentano. Questa è oggettivamente «la causa delle cause» che determina la crisi della democrazia che è crisi della rappresentanza. Sullo sfondo c’è una legge elettorale dove pochi intimi individuano pochi intimi. Se questi pochi sono illuminati, scelgono persone illuminate: in caso contrario i risultati sono di conseguenza.

giovedì 27 dicembre 2007

Commedie all'italiana: Alitalia

Alitalia a AirFrance? Giù il titolo
Prodi: decideremo entro metà gennaio

Le vendite colpiscono il titolo di Alitalia dopo la decisione del Cda di scegliere Air France come interlocutore privilegiato per la vendita. Le perdite sono in questo momento pari al 3,53%, a 0,7315 euro, e sono passati di mano finora 7,9 milioni di pezzi contro una media giornaliera di 16,6 milioni nell'ultimo mese. La situazione non cambia dopo le parole del premier Prodi nella confernza stampa di fine anno.

A una domanda sugli orientamenti del governo su Alitalia infatti Romano Prodi ha detto che l'esecutivo non terrà conto di proteste e corporativismi, lasciando intendere che le polemiche sui rischi di Malpensa in caso di un'Alitalia francese non faranno spostare le preferenze del governo da Air France a Air One.



PRODI: LA DECISIONE ENTRO META' GENNAIO
Nella vicenda Alitalia "percorreremo fino in fondo" la strada della vendita e il "governo deciderà rapidamente, entro la metà gennaio", ha detto il presidente del Consiglio, sottolineando che, nella scelta tra Air France e Air One, "non terrò conto nè delle proteste, nè degli interessi di categoria, nè dei corporativismi".

"Le rivolte, le proteste", ha aggiunto Prodi, "non possono essere elementi di decisione" perchè "l'Italia ha già sofferto troppo" nel settore del trasporto aereo. Su Alitalia, ha sottolineato, bisogna scegliere affinchè la compagnia diventi "efficiente, stia sul mercato", ma anche perchè "venga incontro agli interessi del Paese, cioè di legare l'Italia al sistema economico mondiale".

"Mi sono anche sorpreso delle proteste di imprenditori del Nord proprio perchè non vi dico quante volte abbiamo insistito perchè si formassero gruppi di imprese appoggiati o non appoggiati da compagnie aeree per costruire questa rete di rilancio dell'Alitalia", ha detto commentando la cosiddetta "rivolta del Nord" contro la possibilità che come acquirente della compagnia venga scelta Air France, il cui piano prevede un ridimensionamento dello scalo milanese di Malpensa. Prodi ha sottolineato che il governo ha fatto "una procedura di grandissima trasparenza. Abbiamo sollecitato tutti coloro che avevano la possibilità di intervenire per prendere in mano le sorti dell'Alitalia. L'abbiamo fatto con imprese straniere e lo abbiamo fatto anche con imprenditori italiani". Ora questa lunga istruttoria, ha aggiunto Prodi, si è conclusa: "Abbiamo due prospettive, due ipotesi soltanto: dobbiamo scegliere la migliore".

Il presidente del Consiglio è quindi intervenuto sull'ipotesi in cui, nel caso in cui venga scelta Air France-Klm, nasca una "compagnia del Nord" che vada a occupare lo spazio lasciato libero da Alitalia su Malpensa. "Se parte ben venga, ma la facciano partire", ha detto Prodi. Il presidente del Consiglio ha quindi ricordato di aver creduto molto, all'inizio, al progetto Malpensa ma anche che la presenza di tanti aeroporti con flussi di traffico importanti intorno allo scalo varesino ne ha impedito la possibilità di diventare un vero hub. Un hub, ha quindi concluso Prodi, "il bacino della pianura padana può anche permetterselo, ma se nessuno lo fa è difficile che si realizzi da solo".


IL PRESIDENTE MAURIZIO PRATO: SIAMO ALL'ULTIMA SPIAGGIA
Dopo la riunione del Cda che lo scorso 21 dicembre ha ufficializzato la sua preferenza per il piano di Air France-Klm, giudicato migliore di quello di AirOne, Alitalia dunque è ora in attesa che arrivi il parere del governo, che attraverso il ministero dell'Economia è il primo azionista della società.

In un'intervista al "Sole 24 Ore", intanto, il presidente della compagnia di bandiera Maurizio Prato (nella foto accanto) ha sottolineato che "questa è l'ultimissima spiaggia per Alitalia". "Non ci sarà più tempo per altri tentativi", ha aggiunto. Prato ha anche puntato il dito contro il "clima ostile, polemico e provocatorio, da più parti alimentato, teso a ritardare e quasi a voler influenzare le decisioni" del Cda della compagnia.

Prato ha dunque auspicato per Alitalia una "decisione rapida" da parte del governo, che nel Consiglio dei ministri del 28 dicembre esaminerà il dossier.Ribadendo che la "scelta unanime" del board ha valutato "l'offerta più idonea per la salvaguardia del complessivo patrimonio aziendale" Prato ricorda la "immanente situazione di grave criticità economico finanziaria" dell'Alitalia, osserva che "permane il rifiuto di prendere coscienza della realtà in cui si trova l'azienda, come se ci fosse tutto il tempo" e critica il "clima ostile, polemico e provocatorio" da parte di "sindacati, politici e fronte del Nord" per influenzare le scelte del Cda.

Rispetto a Malpensa, Prato ricorda che il piano aziendale elaborato in settembre ha confermato che "l'azienda non è in grado di alimentare due hub", sulla decisione che prenderà il governo dopo quella del Cda osserva che "sono due ben distinte sfere di competenza". Se sarà confermata la scelta per Air France-Klm, il manager spiega che "ci sarà la due diligence" e approfondimenti "anche con i sindacati", in particolare sul futuro di Alitalia Servizi per cui Air France-Klm intende seguire il piano Prato. Cioè "una holding al 51% di Alitalia con le attività in società a valle, cedute per il 49% a partner qualificati che si assumano la gestione". Infine, sulla dichiarazione dell'amministratore delegato di Intesa SanPaolo, Corrado Passera (che supporta il concorrente escluso AirOne), secondo cui dare Alitalia ai francesi significa buttarla via, Prato osserva che "sorprende che tanto interesse delle banche sia maturato soltanto negli ultimi mesi. Prima dove stavano?".

martedì 25 dicembre 2007

Il concetto di coda lunga (non è qualcosa di relativo al porno!)


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.



L'espressione coda lunga, in inglese The Long Tail, è stata coniata da Chris Anderson in un articolo dell'ottobre 2004 su «Wired Magazine» per descrivere alcuni modelli economici e commerciali come p.es. Amazon.com o Netflix. Il termine è anche utilizzato comunemente nelle scienze statistiche per definire modelli di distribuzione della ricchezza o di usi lessicali. In queste distribuzioni, una popolazione ad alta frequenza o ampiezza è seguita da una popolazione a bassa frequenza o ampiezza, che diminuisce gradatamente (tail off).

In molti casi, gli eventi poco frequenti o di bassa ampiezza – la coda lunga, rappresentata dalla porzione gialla della curva – possono cumulativamente superare in numero o in importanza la porzione iniziale della curva, di modo che presi tutti insieme rappresentano la maggioranza. Anderson sostiene che i prodotti a bassa richiesta o con ridotti volumi di vendita possono collettivamente occupare una quota di mercato equivalente o superiore a quella dei pochi bestseller o blockbuster, se il punto vendita o il canale di distribuzione sono abbastanza grandi.

Un dipendente di Amazon ha descritto la coda lunga nei seguenti termini: «Oggi abbiamo venduto piú libri tra quelli che ieri non sono affatto andati di quanti ne abbiamo venduto tra quelli che ieri sono andati». Analogamente, l’enciclopedia Wikipedia, pubblicata dagli utenti della rete, conta un grande numero di voci di bassa popolarità, che collettivamente generano piú traffico rispetto al numero limitato di voci molto popolari presenti in una enciclopedia convenzionale come la Encyclopædia Britannica.

La coda lunga presenta implicazioni destinate a influenzare la cultura e la politica. Ove i costi di magazzino e distribuzione sono elevati, vengono venduti solo i prodotti piú popolari. Ove al contrario la coda lunga funziona, i gusti delle minoranze vengono soddisfatti e gli individui hanno maggiore possibilità di scelta. Nelle situazioni in cui la popolarità è determinata dal minimo comun denominatore, un modello a coda lunga può generare un miglioramento del livello culturale della società. La televisione ne rappresenta un ottimo esempio. Le stazioni tv hanno spazi limitati, quindi il costo di acquisizione di ciascuno spazio è elevato; le stazioni pertanto scelgono programmi che garantiscono il massimo ascolto. Tuttavia, con la crescita del numero di stazioni tv e con la distribuzione dei programmi su canali digitali, la scelta dei programmi tv aumenta e con essa la diversificazione culturale. Alcune delle aziende internet devono il loro successo allo sfruttamento del principio della coda lunga nel loro modello economico. Tra le grandi compagnie spiccano eBay (aste), Yahoo! e Google (motori di ricerca), Amazon (vendita al dettaglio) e iTunes Store (musica e podcast), seguite da imprese minori quali Audible (audiolibri) and Netflix (videonoleggio).

Spesso presentato come un fenomeno che investe principalmente i rivenditori di prodotti di massa e aziende che operano sul web, il modello coda lunga si ripercuote anche sui produttori di contenuti, in particolare su quelli i cui prodotti – per motivi economici – erano tagliati fuori dai canali di distribuzione pre-internet controllati dalle case editrici, dalle case discografiche, dalle case di produzione cinematografiche e dalle reti televisive. Dal punto di vista dei produttori, la coda lunga ha generato un fiorire di creatività in tutti i campi dell’ingegno umano.

In occasione di un meeting nell’autunno 1994, cui parteciparono tra gli altri Marc Andreessen (fondatore di Netscape), e diversi membri dello staff di «Wired Magazine», Ken McCarthy, pioniere del commercio su internet e storico dei media, aveva affrontato il modello coda lunga dal punto di vista dei produttori. Dopo aver spiegato come l’industria mediatica pre-internet basasse le proprie iniziative di distribuzione e promozione su una filosofia economica che privilegiava la sicurezza e non su criteri di qualità o sulla potenziale durata della domanda, McCarthy espose una dettagliata previsione dell’impatto che – a suo giudizio – internet avrebbe avuto sulla struttura dell’industria dei media, la quale si è in seguito rivelata estremamente precisa, prefigurando molte delle idee che avrebbero trovato espressione nel popolare saggio di Anderson.

lunedì 24 dicembre 2007

Grillo e la casta I

Ho deciso: d'ora in avanti pubblicherò ogni articolo che mi sembra opportuno ricordare al fine di poter migliorare questo paese. Non è farina del mio sacco, è giusto precisarlo.





Da corriere.it


INTERCETTAZIONI IL COMICO: SBAGLIATO DIFENDERE BERLUSCONI
Grillo contro Bertinotti. Il Prc: attacco volgare
Mastella insiste: subito il decreto

ROMA—Scandalizzato dalla telefonata tra Berlusconi e Saccà, nonché dalla difesa delle prerogative e del diritto alla privacy del Cavaliere fatta dal presidente della Camera, Beppe Grillo scende in campo a dire la sua. E attacca a testa bassa Fausto Bertinotti che si è «preoccupato—scrive il comico nel suo blog — per la privacy di un signore che voleva comprare un senatore. Invece di espellere questo (basso) insulto alla democrazia dalla Camera ne tutela la privacy. Boia Faust(o)».

È infuriato Grillo, per una «Rai, servizio pubblico, che si fa bordello per far cadere il governo» e per questo il messaggio a Bertinotti è che «non me ne frega un c...o della privacy di queste persone: le voglio fuori dal Parlamento, fuori dal servizio pubblico. È gente immorale, che della legalità ha sempre fatto carne da porco. E lei, tenera mammola, pensa alla loro privacy mentre viene chiesto il trasferimento dei giudici di Mastella e di D’Alema da una Letizia Vacca qualsiasi ». La difesa del presidente della Camera è affidata a Gennaro Migliore, capogruppo del Prc, secondo il quale «difendere il garantismo è un dovere morale e per la sinistra rappresenta un valore di fondo», mentre «Grillo nel suo volgare attacco a Bertinotti conferma di saper intervenire sulla scena politica solo dal buco della serratura».


In questo clima di contrapposizione, Clemente Mastella insiste: serve un decreto legge per dare una risposta all’ «emergenza civile» causata dalle intercettazioni. E a Palazzo Chigi che sconsiglia di «agire d’impulso», il Guardasigilli replica che no, si tratta invece di un atto «ragionato», perché la sua riforma della giustizia «giace» in Senato da troppo tempo. Ma da sinistra contestano la lettura di Mastella: «L’esame del provvedimento in commissione per il 15 gennaio può essere concluso», dice il presidente Cesare Salvi di Sd, confortato da Felice Casson, e «se il governo dovesse dare più importanza» alle intercettazioni che «ai morti sul lavoro», entro il mese la riforma sarebbe varata. Che il problema ci sia comunque lo pensano in tanti nell’Unione: Dario Franceschini definisce «inammissibile» la pubblicazione delle intercettazioni, ma Antonio Polito chiede una posizione ufficiale di Veltroni sul tema: «Cosa dice di tutto questo l’esecutivo del loft?.

venerdì 21 dicembre 2007

Beautiful songs: Before it's too late/Goo goo dolls

Ascoltala

I wonder through fiction to look for the truth
Buried beneath all the lies
And I stood at a distance
To feel who you are
Hiding myself in your eyes

And hold on before it's too late
Until we leave this behind
Don't fall just be who you are
It's all that we need in our lives

And the risk that might break you
Is the one that would save
A life you dont live is still lost
So stand on the edge with me
Hold back your fear and see
Nothing is real til it's gone

Hold on before its too late
Until we leave this behind
Don't fall just be who you are
It's all that we need in our lives

So live like you mean it
Love til you feel it
It's all that we need in our lives
So stand on the edge with me
Hold back your fear and see
Nothing is real til it's gone

And hold on before its too late
Until we leave this behind
Don't fall just be who you are
It's all that we need in our lives

And hold on before its too late
Until we leave this behind
Don't fall just be who you are
It's all that we need in our lives

It's all that we need in our lives
It's all that I need in my life

giovedì 20 dicembre 2007

Cazzate di Natale


A Natale sono tutti più cazzari. Sembra essere questa la frase giusta per questo finale d'anno. Berlusconi, Galliani, Domenech, Calderon... Sono in tanti i pretendenti al premio di "cazzaro d'oro", dedicato a chi la spara più grossa, a chi finisce per dire una cavolata bella e buona senza darsene conto.

Non può mancare Raimondo Domenech in queste particolari classifiche: "Gli italiani a San Siro hanno giocato per il pareggio". Già, peccato che egli stesso avesse dichiarato mesi fa: "Siamo venuti a Milano per raccogliere punti, il pareggio va benissimo". Almeno si metta d'accordo con sè stesso.

Poi c'è l'immancabile Galliani, in pieno delirio d'onnipotenza dopo la vittoria in Giappone del Milan: "''ci stanno chiamando tanti grandissimi giocatori, 'insospettabili' come li chiama Carlo Ancelotti, e molti procuratori. Una squadra che ha vinto quanto il Milan fa gola a molti giocatori, pero' abbiamo undici titolari senza eguali al mondo e migliorare la rosa sara' difficilissimo''. Considerando la velocità che ha il Milan ultimamente nel concludere una trattativa (basti pensare a Oddo, arrivato dopo 2 anni di trattative con Lotito), questo appare come l'unico modo effettivo perrinnovare la difesa prima che Maldini arrivi ai 45 anni.

Il prossimo personaggio invece è un prodotto della penisola iberica, il presidente del Real Madrid Calderon (Da me chiamato "Cabron"), un duro, uno che le mezze misure non le conosce: "Può sembrare arrogante, però chissà, magari Kakà non troverebbe posto nell'attuale rosa del Real Madrid". Ne riparleremo señor Calderon, ne riparleremo.

In una galleria così non può mancare ovviamente Berlusconi, uno che a volte tira fuori dei gioielli: "Ho parlato con Carlo Ancelotti di cosa avrebbe portato Pato al Milan e lui mi ha detto che che se continua a giocare come lo vediamo fare noi nelle partitelle di allenamento tra i ragazzi finisce che tra gennaio e giugno fa 30 gol". Per la serie: o grosse o niente. Quest'anno i botti si scoppiano in anticipo a quanto pare.

domenica 16 dicembre 2007

Cose che non cambiano




Ci sono cose che non cambiano mai. Quante volte abbiamo sentito questa frase? Sono tornato in Italia, e ho avuto la possibilità dopo mesi di vedermi finalmente una giornata di campionato come si deve.E subito c''è la rivincita, l'ennesima di Del Piero. Rivincita contro chi? Contro tutti quelli che lo hanno sempre criticato (io compreso). E allora lui segna, di sinistro, su punizione, di tacco... il come e secondario, lui segna e anche di più di quanto facesse ai tempi in cui veniva considerato un "enfant prodige".

Del Piero è così, uomo campionato fino all'ultimo respiro. Deciso più che mai ad andare a prendersi un posto per gli europei alpini di quest'estate. E magari di tirare avanti fino alla coppa del mondo in Sudafrica. La sua fuga di ieri nell'azione del suo secondo gol (quello del momentaneo 1 - 3) ha del miracoloso: stop da campione, esempio cristallino di tecnica e tiro di sinistro in diagonale. Del Piero c'è insomma, difficile capire quanto possa dare in continuità, ma c'è. E per una squadra come la Juve, la presenza di un uomo d'esperienza di queste condizioni è fondamentale. Sì, anche per puntare allo scudetto. Perchè la Juve, pur senza Moggi, rimane la vera grande avversaria della super inter di Mancini. Questione di mentalità, questione di non arrendersi mai.

martedì 11 dicembre 2007

Le mails di Francesco 3


Dal Blog di Beppe Grillo parte un'altra
iniziativa...(quella precedente era abolire il costo di ricarica delle schede telefonicheprepagate......con ottima riuscita!!!!)
Provare non costa nulla!!!!!!!!!!!!
Giratela ognuno ad almeno 10 contatti, grazie mille!!!!
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COME AVERE LA BENZINA A META'PREZZO?

Anche se non hai la macchina, per favore fai circolare
il messaggio agli amici.
Benzina a metà prezzo?
Diamoci da fare...
Siamo venuti a sapere di un'azione comune per
esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere.

Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a
1.50 Euro al litro.

UNITI possiamo far abbassare il prezzo muovendoci
insieme, in modo intelligente e solidale.

Ecco come....

La parola d'ordine è 'colpire il portafoglio delle
compagnie senza lederci da soli'.

Posta l'idea che non comprare la benzina in un determinato giorno ha fatto ridere le compagnie (sanno benissimo che, per
noi,si tratta solo di un pieno differito, perché alla fine ne abbiamo
bisogno!), c'è un sistema che invece li farà ridere pochissimo, purché si agisca in tanti.

Petrolieri e l'OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia da 0,95 e 1 Euro al litro sia un buon prezzo,
ma noi possiamo far loro scoprire che un prezzo ragionevole anche per loro è circa la metà.

I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle
aziende: bisogna usare il potere che abbiamo.

La proposta è che da qui alla fine dell'anno non si compri più benzina dalle 2 più grosse compagnie, SHELL ed ESSO, che
peraltro ormai formano un'unica compagnia.

Se non venderanno più benzina (o ne venderanno molta
meno), saranno obbligate a calare i prezzi.

Se queste due compagnie caleranno i prezzi, le altre
dovranno per forza adeguarsi.

Per farcela, però dobbiamo essere milioni di NON-clienti di Esso e Shell, in tutto il mondo.

Questo messaggio proviene dalla Francia, è stato inviato ad una
trentina di persone; se ciascuna di queste aderisce e a sua volta lo
trasmette a, diciamo, una decina di amici, siamo a trecento.

Se questi fanno altrettanto, siamo a tremila, e così
via..................

Di questo passo, quando questo messaggio sarà arrivato
alla 'settima generazione', avremo raggiunto e informato 30 milioni di consumatori!

Inviate dunque questo messaggio a dieci persone chiedendo loro di fare altrettanto.

Se tutti sono abbastanza veloci nell'agire, potremmo sensibilizzare
circa trecento milioni di persone in otto giorni! E' certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare?

Chi se ne frega per un po' di bollini e regali e baggianate che ci
vincolano a queste compagnie.

Coraggio, diamoci da fare!!!

domenica 9 dicembre 2007

Prenditi il mondo Kakà!!! E poi l'Italia


"Voglio entrare nella leggenda". Questo il commento di Kakà alla viglia del mondiale per club in Giappone. Mondiale per club disprezzato da molti per il basso livello di squadre su 7, ma che comunque rimane importante a livello di immagine e, di conseguenza, come valore monetario. Il Milan dei vecchietti c'è, chi annovera tra le propria fila giovani forti e invincibile è rimasto fra le nebbie del nord Italia.

Ma non perdiamoci in queste cavolate e torniamo a Kakà. Ci sono momenti della vita in cui ha la grande occasione, come calciatore, di diventare davvero il numero uno. Kakà non è ritenuto il numero 1 al mondo all'unanimità, c'è chi gli preferisce Messi, chi Cristiano Ronaldo.... Ha vinto il pallone d'oro, la champions league da capocannoniere, ma gli manca ancora qualcosa. E che cosa nella fattispecie? Gli mancano quei 7-8 gol in più in campionato che ne farebbero un giocatore super completo, un leader supremo. Già, perchè un conto è segnare 9 gol in champions league, difficile per carità, ma dove si gioca un calcio più aperto, dove viene maggiormente risaltato il colpo ad effetto, un altra è fare quel gol decisivo in campionato che ti permette di portare a casa i 3 punti e pensare con iù tranquillità alla domenica successiva.

Questo concetto è chiaro se pensiamo agli anni '80 quando giocatori con il 10 sulla schiena riuscivano a portare a casa il titolo di capocannoniere. Maradona e Platini (ma anche Zico, troppo sfortunato però) erano due 10 non solo per il numero che portavano sulla schiena, bensì per la fantasia, l'attitudine alla leadership in campo e nello spogliatoio e per la classe innata che avevano nei loro piedi. Ciò che li distingueva ulteriormente era poi l'attitudine al gol, il più delle volte decisivo ai fini del risultato. Avere un Maradona in squadra significava avere il folletto che poteva risolvere il match o girarlo a favore del Napoli. Un vantaggio incalcolabile nel corso di campionati belli e combattuti come quelli degli anni '80.

Kakà può essere erede di questi due fenomeni, ma deve lavorare e duramente. Ha le potenzialità tecniche che giocano a suo favore: un bel tiro, uno scatto pauroso, una gran capacità di saltare l'uomo, una resistenza di corsa fenomenale (nessun numero 10 ha mai avuto la resistenza di Kakà) e un gran fisico che lo rende robusto nei contrasti. Cominciare a segnare gol pesanti, chiudere un campionato con 15 gol come minimo e magari con un numero uguale di assist. Oggi il mondiale per club Ricky, domani la maturazione finale in campionato. Può farcela, e alla grande.

giovedì 6 dicembre 2007

Le mails di Francesco 2

> Oggetto: Che le donne capiscano
>
>
> Non ho mai capito perchè le necessità sessuali degli uomini e delle donne
> sono così differenti fra loro...
> Non ho mai capito tutte quelle idiozie che le donne provengono da Venere e
> gli uomini da Marte.
> E non ho mai capito perchè gli uomini pensano con la testa mentre le donne
> con il cuore.
>
> Però...... Una notte mia moglie ed io siamo andati a letto.
> Abbiamo cominciato ad accarezzarci, massaggiarci, bacini etc, etc.....
>
> La questione è che io ero già pronto, ma proprio in quel momento lei mi
> dice:
> "Adesso non ne ho voglia, amore mio. Voglio solo che mi abbracci"
> Ed io esclamo:"
> CHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE???????????????"
>
> Al che mi dice le parole magiche di tutte le donne:"Non sai
> connetterti con le mie necessità emotive di donna".
> Che cazzate... Il punto finale è che quella sera non ci sarebbe stata
> nessuna lotta.
>
> Ho messo a posto gli oli afrodisiaci, ho spento le candele, ho tolto il
> disco di Baglioni (in quei momenti funziona quasi sempre) ho spento lo
> stereo ed ho rimesso in frigo lo champagne.
> Sono andato a farmi una doccia fredda per vedere se potevo calmare "la
> bestia" e mi sono messo a guardare
> Discovery Channel a tutto volume per non fare dormire la figlia di mia
> suocera...Dopo un pò mi sono addormentato.
>
> Il giorno dopo siamo andati al centro commerciale e mi sono messo a guardare
> orologi mentre lei siprovava tre modelli carissimi di Armani.
> Come tutte le donne non sapeva decidersi, così le ho detto di
> prenderli tutti e tre.
> A questo punto mi ha detto che le sarebbero servite delle scarpe nuove da
> mettere con i nuovi vestiti, 350 euro al paio. Le ho detto che andava bene.
> Di lì siamo andati nella sezione casual dalla quale ha preso un piumino ed
> una borsa di Luis Vuitton. Era così emozionata!
> Credo pensasse che fossi diventato pazzo, ma ad ogni modo le ha prese lo
> stesso. Mi ha messo, quindi, alla prova chiedendomi un gonnelino corto da
> tennis.
> Non sa neanche correre, figuriamoci giocare a Tennis. E' rimasta shockata
> quando le ho detto di comprare tutto ciò che voleva.
> Era così eccitata sessualmente dopo tutto questo, ed ha cominciato a
> chiamarmi con tutti i nomignoli più affettuosi e stupidi che le donne usano.
> "Cucciolone mio", "Topolino amoroso" e così via. Siamo andati alla cassa a
> pagare.
>
> E' stato qui che, essendoci solo una persona prima di noi, le ho detto:"No
> amore mio, credo che in questo momento non ho voglia di comprare tutto
> questo"...
>
> Se aveste potuto vederle la faccia, diventò pallida quando le ho detto:
> "Voglio solo che mi abbracci".
> Sembrò quasi che stesse per svenire, le si è paralizzata la parte sinistra
> del corpo, le è venuto un tic nervoso all'occhio.
> A questo punto le ho detto: "Non sai connetterti con le mie necessità
> finanziarie di uomo".
>
> Mandalo agli uomini perchè si facciano una risata.
>
> Mandalo alle donne perchè capiscano cosa si prova.

mercoledì 5 dicembre 2007

Beautiful songs: Nella stanza 26/Nek

Quell’insegna al neon
dice si poi no
è l’incerto stato d’animo che hai
non ce la fai
ma dagli uomini
che ti abbracciano
e ti rubano dagli occhi l’allegria
non puoi andar via
non puoi andar via

se le lacrime
ti aiutassero
butteresti via il dolore che ora c’è
è dentro di te

Nella stanza 26
tra quei fiori che non guardi mai
dove vendi il corpo ad ore
dove amarsi non è amore
e sdraiandoti vai via da te
nella stanza 26
dove incontri sempre un altro addio
che ferisce il tuo bisogno d’affetto
in quel breve contatto che non c’è

L’uomo che non vuoi
l’uomo che non sai
sta bussando alla tua porta già da un po’
ma non gli aprirai
come rondini
imprendibili
vanno liberi da un corpo stanco ormai
i pensieri che hai

Nella stanza 26
tra quei fiori che non guardi mai
se ti affacci vedi il mare
ricominci a respirare
poi ti perdi nella sua armonia
e hai il coraggio di andar via
via da un mondo sporco che non vuoi
via da un bacio che non ha tenerezze
che non sa di carezze

e cammini lungo il mare
nel suo lento respirare
tu sei parte di quel tutto ormai

Nella stanza 26
metti un fiore tra i capelli tuoi
mentre l’alba nuova ti viene incontro
nel profumo del vento

Nella stanza 26

martedì 4 dicembre 2007

La televisione di Aragones


C'è da chiedersi cosa trasmetta di preciso la televisione di Luis Aragones, Dopo l'indimenticabile mondiale degli spagnoli (usciti a calci nel culo come sempre, eccetto nel '64 quando Francisco Franco comprò l'europeo), Luis Aragones dev'essere tornato a casa sua, nella penisola iberica. qui avrebbe pertanto cotinuato a guardare i mondiali attraverso la televisione (ui in Spagna non c'era più).

Lo dico perchè oggi, leggendo le sue dichiarazioni in un'intervista sono rimasto senza parole: "La Spagna non ha mai avuto fortuna nei grandi appuntamenti. D'altronde avete visto l'Italia? Era quasi eliminata, poi ha vinto il mondiale."

Ma quand'è che noi saremmo stati ad un passo dall'eliminazione? Nel girone dopo il pareggio con gli americani? Abbiamo subito due soli gol in tutta la coppa del mondo. Uno ce lo siamo fatti noi, l'altro l'ha segnato Zidane su calcio di rigore. In finale. Ma lo show di Aragones non è finito qua e continua con gli attacchi all'Italia: "Gli italiani vogliono solo vincere nel calcio. Per loro lo spettacolo è una cosa secondaria." . Ma neanche la Francia si salva, eh sì, il viejo ha qualcosa da insegnare anche ai francesi: "Hanno sempre avuto delle squadrette, solo con l'arrivo degli atleti africani hanno potuto vincere qualcosa". Come se Platini, Giresse e Kopa fossero originari della Namibia.

Questo squallore di intervista è il prodotto del sentimento d'inferiorità spagnolo. Ogni giorno si leggono articoli con attacchi sibillini e ben nascosti (ma visibili a chi sta attento, come me, a queste cose), attacchi che testimoniano un'invidia malcelata dei toreros nei confronti di nazioni calcisticamente superiori come Francia, Italia e Germania. Per esempio, quando la Spagna vinse in Danimarca per 3 a 1 quest'autunno, la seconda frase dell'articolo che raccontava il match era questa:"Non saremo campioni del mondo, ma quando giochiamo così no ce n'è per nessuno".

Si arriva quindi all'autoproclamazione, all'esaltazione della normalità. E, ancora peggio, i vanno a sminuire i veri valori del calcio. L'esempio da seguire rimane il Brasile, il tiki taka, il futbolito e tutte queste cazzate planetarie. La Spagna si conferma, per l'ennesima volta, un paese dove a dettare legge sono i cazzari. Più le spari grosse e più sei un fenomeno. Contenti loro. Sono sicuro che di risate quest'estate me ne farò. E non poche.

domenica 2 dicembre 2007

Gruppo di ferro? Ci pensa l'Italia.



E' come cominciare un giro d'Italia con una bella cronoscalata. L'Italia sicuramente non ha avuto fortuna in questo sorteggio per la prima fase della eurocopa 2008. Saremo in compagnia di Olanda, Romania e , soprattutto, Francia. Un girone di ferro sulla carta. L'unico girone più difficile, che io ricordi, nel quale l'Italia sia stata inserita, è il secondo girocino di Spagna '82, quello in compagnia di Brasile e Argentina. Ne passava una. Contro la Polonia però ci saremmo andati noi, con buona pace di Maradona e Zico.

Basta un passo falso per essere fuori, verissimo. Ma l'eurocopa dovrebbe aver insegnato una cosa nelle ultime edizioni: che nulla è scontato. Nell'edizione 2000 arrivammo ad un passo dalla conquista del titolo, nonostante le nostre quotazioni fossero al minimo storico. C'era uno straordinario Francesco Totti a guidare gli azzurri, i quali pagarono in finale tutta la fortuna avuta in regalo contro i padroni di casa olandesi nella semifinale. Nel 2004 avvenne l'esatto contrario: tutti i giornali parlavano di rivincita tra Francia e Italia in finale. Alla fine a Lisbona ci arrivarono Grecia e Portogallo.

Insomma non va mai nulla come dovrebbe. Non fu così neanche nel 1996, nel 1992. La causa di tutto questo è ricercare nel gran livellamento qualitativo tra le vari nazionali europee. L'Italia sta bene secondo me. Ha vinto a Glasgow un gran match (in Spagna si è parlato, novità assoluta per l'Italia, di "partido epico"), ha conquistato la prima posizione del gruppo di qualificazione. L'unico cruccio è stato quello di non esssere riusciti a vincere uno scontro diretto con i francesi, ma in che condizioni fisiche li abbiamo incontrati? E con che uomini? Luca Toni non è mai stato della partita contro i francesi. Ci mancava il bomber, quello che agli scozzesi ha fatto 3 gol (pesantissimi ai fini della qualificazione) in 2 partite. E poi sono mancati anche altri, come Materazzi, come Panucci (importantissimo il suo ritorno nel giro azzurro)... Le qualificazioni servono per qualificarsi, lo dice il nome. E l'Italia ha ottenuto ciò che era importante. Il resto sono chiacchere.

Aspetterò con grande ansia l'inizio dell'europeo alpino e con grande fiducia nei confronti del gruppo Italia. Sono convinto che Donadoni saprà portare in Svizzera/Austria una grande squadra per cercare di riportare in patria una coppa che non conquistiamo da ben 40 anni. Forza azzurri, per me l'eurocopa è già cominciata.