lunedì 31 dicembre 2007

Il pozzo senza fondo della politica italiana (IV parte)

Una classe politica bloccata


Quali sono le conseguenze?

Il sistema politico esprime una classe politica immobile e anziana. Per esempio, se dobbiamo individuare il rappresentante della massima istituzione repubblicana tra un esponente di 50 e uno di 80, ne scegliamo trionfalmente uno di 80. E questo succede in ogni contesto. Si esprime, quindi, una classe politica inevitabilmente anziana.

In questa legislatura che ha appena preso il largo, l’età media alla Camera è superiore ai 50 anni nel 61,1%: nella precedente legislatura era il 52,7%. Specularmene al Senato, chi ha superato i 50 anni sono l’81,1%, mentre nella precedente legislatura era il 74,8%. Questo comporta la conseguenza inevitabile che la prima professione, sia alla Camera che al Senato, è quella dei funzionari di partito: alla Camera sono il 21,4% a fronte del 9,5% della precedente legislatura e lo stesso naturalmente vale per il Senato, dove sono il 19,5% a fronte del 5,5% della precedente legislatura.

Con questi dati, dov’è la meritocrazia? E, soprattutto, dov’è la libertà di scelta dei cittadini costretti a votare su liste bloccate? Prevale solo la funzionalità e la fedeltà. E con questi eletti pretendiamo anche che vengano affrontati i problemi delle pensioni, della criminalità, della riforma fiscale, della scuola, dell’università, della ricerca? Ma con questi criteri di scelta dove pretendiamo di andare? A questo si aggiunga che abbiamo una classe politica difficilmente sostituibile.

La circolazione delle élite, di cui parlava Pareto, che è l’elemento centrale della democrazia, è chiaramente sconfessata anche dalle aride cifre: alla Camera i riconfermati sono stati il 61,3%, a fronte del 47,5% della scorsa legislatura, mentre al Senato è ancora più alta la percentuale: il 66,4% sono stati i riconfermati, a fronte del 41% della scorsa legislatura, dove pure il sistema elettorale era sempre predeterminato ma qualche minima libertà la consentiva.

Quindi, viene espressa una classe politica che ha evidentemente lo sguardo corto e che pensa solo alle elezioni politiche successive, per garantirsi lo status, principalmente economico. Una classe politica sostanzialmente omogenea, che nella composizione delle liste individua spesso senza alcun ritegno familiari diretti e affini.

Non parliamo poi della rappresentanza femminile che, se viene individuata con i criteri che abbiamo visto, è meglio non averla.

domenica 30 dicembre 2007

Il pozzo senza fondo della politica italiana (III parte)

pan style="font-weight:bold;">Quirinale, 2000 dipendenti


Qual è il triangolo d’oro dei costi della politica? I costi diretti del funzionamento delle istituzioni, il finanziamento pubblico ai partiti e le scelte collegate alla gestione delle istituzioni pubbliche. I costi diretti sono noti e ci vengono sbattuti impunemente davanti agli occhi. Pochissimi dati: basti pensare al Quirinale. Tanto per cominciare, non sappiamo esattamente quanti dipendenti abbia e come spende le cifre – che dovrebbero essere intorno a 250 miliardi di vecchie lire – che sono la somma del bilancio di una città media come Bologna, di 400.000 abitanti. I dipendenti del Quirinale dovrebbero invece essere 2000, ma anche il numero è avvolto nelle nebbie.

Sono pochi o molti? Basta fare delle comparazioni. Alla Casa Bianca, dove il presidente è contemporaneamente capo dello Stato e del governo, i dipendenti sono – compresi cuochi, giardinieri e stagiste – intorno ai 400. In Irlanda, dove il Presidente della Repubblica ha funzioni simili a quello italiano, i dipendenti sono 12. Questo ovviamente si riflette su tutto il resto, a cominciare dai parlamentari europei, che guadagnano 149 mila euro all’anno contro i 10 mila degli ungheresi.
E teniamo conto che svolgono la stessa funzione e nelle stesse sedi geografiche.

La Camera dei Deputati costa un miliardo di euro all’anno, mentre quella spagnola costa un decimo. Un deputato italiano costa sei volte un deputato spagnolo, eppure svolgono le stesse funzioni. Anche la riforma costituzionale che è stata bocciata dal referendum aveva proposto una modesta riduzione di parlamentari da 945 a 752, che peraltro sarebbe entrata in vigore – udite, udite – nel 2016.

Un numero sempre sproporzionato se si pensa che con una popolazione enormemente maggiore negli Usa tra Congresso e Senato sono in tutto 540 e in Russia in totale i parlamentari sono 400, concentrati in una sola Camera.
In Italia, si registra anche un eccesso dei livelli istituzionali: per esempio, a cosa servono le 365 Comunità Montane che spendono 800 milioni di euro l’anno, se non per assegnare stipendi ad assessori e presidenti?

Ma il tema non attiene strettamente ai partiti (per quanto da questi direttamente derivi): possiamo consentirci di pagare un governatore della Banca d’Italia un milione di euro all’anno, quando il presidente della Federal Reserve statunitense costa 180 mila dollari ai contribuenti americani? È una cosa possibile?

E ancora: si sostiene che gli alti emolumenti garantiscano l’indipendenza dei nostri rappresentanti elettivi, ma posto per assurdo che sia così – e abbiamo visto comparando con il resto del mondo che non è così – questi privilegi e questi costi si estendono ope legis anche a commessi, segretari, bidelli che lavorano al Quirinale, alla Corte Costituzionale, alla Camera, al Senato e via dicendo?

Si tratta sempre di dipendenti della pubblica amministrazione, eppure percepiscono il triplo, il quadruplo, il quintuplo di quello che guadagnano coloro i quali svolgono le stesse funzioni nei comuni, nelle scuole, nei ministeri. Si sostiene che è una giungla retributiva: chissà creata da chi.

Il secondo lato del triangolo è rappresentato dal finanziamento pubblico ai partiti. Nel 1993, l’ultima occasione in cui si è raggiunto il quorum di votanti, ai referendum proposti dai radicali, i cittadini italiani risposero con chiarezza e senso di responsabilità, esprimendosi sulla responsabilità civile dei giudici, sulle iscrizioni sindacali, sulla legge elettorale per dare maggiore stabilità alle istituzioni e anche sul finanziamento pubblico ai partiti, abolendolo.

Tutti i provvedimenti consequenziali sono stati, uno a uno, vanificati e in particolare oggi il finanziamento pubblico è di gran lunga maggiore di prima. Infatti, solo nel 2005 il finanziamento pubblico ai partiti ha assorbito 196 milioni di euro più i 90 milioni di euro che vengono assegnati ai gruppi parlamentari. A questo va sommata una parte consistente dei quasi 700 milioni di euro rappresentati ai contributi statali all’editoria, che va ai giornali di partiti e sedicenti movimenti politici. Nel complesso, sono cifre importanti e sono queste che ingessano la democrazia.

E poi c’è il terzo pilastro, rappresentato dai costi collegati alle scelte – e spesso alle non scelte – politiche. Alcune decisioni ritardano processi, impediscono la liberazione di energie che rimangono invece utilizzate per mantenere rendite parassitarie e improduttive per la collettività, tranne che per i diretti beneficiari. Tutta la gestione politica e amministrativa alloca risorse e determina processi, successi e insuccessi economici di milioni di persone.

sabato 29 dicembre 2007

Il pozzo senza fondo della politica italiana (II parte)

Cos’è che non va


Due temi oggi vanno risolti, al di fuori dei luoghi comuni: il federalismo e il costo della politica.

Il primo lo stiamo, ovviamente, declinando «all’italiana». Infatti, il federalismo dovrebbe comportare che, a maggiori poteri, corrisponde maggiore senso di responsabilità da parte delle classi dirigenti. Avviene invece esattamente l’opposto. Qualche dato: il debito degli enti locali dal 2000 al 2004 è quasi raddoppiato, passando dal 3% al 5,30%. La spesa dal 1999 al 2004 è aumentata del 32,5% nelle regioni, del 57% nelle province – enti praticamente inutili – e del 23% nei comuni. Il debito delle regioni nel quadriennio 1999-2003 è aumentato del 100%.

E la tendenza è questa ed è in aumento. Non a caso c’è chi come Sabino Cassese, Antonio Maccanico e Geminello Alvi parlano dello sfascio rappresentato dalle regioni. Cassese, in una serie di articoli sul «Corriere della Sera» nel 2004 e nel 2005, sostiene giustamente che si sta riflettendo sui poteri da trasferire alle regioni senza discutere su come le regioni siano attrezzate per assolverli. Non a caso, propone di fondare il federalismo partendo dai comuni più che dalle regioni.
Maccanico, nel libro di Roberto Napoletano “Fardelli d’Italia” dice che una delle quattro-cinque ragioni che hanno rovinato l’Italia è stata l’istituzione delle regioni.

E poi, nell’ultimo libro di Geminello Alvi, “UNa Repubblica fondata sulle rendite”, si sostiene addirittura di abolire le regioni, sostituendole con dimensioni territoriali ottimali e meno sprecone. Assume finalmente rilevanza il concetto di responsabilità e dei conseguenti costi della politica. Sarebbe tragico considerare il problema del costo della politica rubricandolo nella voce «sprechi» oppure nella direzione dei compagni che sbagliano, o, peggio, identificare ancora questo tema in un ambito qualunquistico, moralistico, populistico, alla Guglielmo Giannini o alla Pierre Poujade, offrendo così facili argomenti ai diretti beneficiari.

A mio avviso, invece, il costo della politica è un elemento strutturale che determina, in Italia, la crisi della democrazia perché contribuisce a individuare una classe dirigente assolutamente inadeguata. Pertanto, si tratta di un tema legato alle effettive prestazioni della democrazia, essendone contemporaneamente causa ed effetto. Non è questo l’unico problema che abbiamo, ma è indiscutibilmente un problema, ed è un problema notevole.

Negli Stati Uniti ci sono due correnti di pensiero: una è la public choice, che ci spiega che le scelte pubbliche vengono compiute dai decisori politici soprattutto in funzione del proseguimento dell’incarico che già rivestono, con i benefits relativi. Come si vede tutto il mondo è paese. E poi c’è la corrente di pensiero della common cause. Sorta nel 1970, è un’associazione di cittadini che si occupa del monitoraggio dei processi organizzativi della politica, con i relativi costi, diretti e indiretti.

Per queste ragioni, credo, la crisi del paese è strettamente legata ai costi della politica, e i costi della politica incidono sulle prestazioni della democrazia, diretta conseguenza delle modalità di individuazione della classe dirigente.

venerdì 28 dicembre 2007

Il pozzo senza fondo della politica italiana (I parte)

Un interessante articolo di Mario Calliguri sul quale riflettere. Ho deciso di proporlo a pezzetti, in modo che venga analizzato con calma e tranquillità.


Premessa
Il costo della politica è un elemento strutturale che determina, in Italia, la crisi della democrazia perché contribuisce a individuare una classe dirigente inadeguata.
Il triangolo d’oro della politica? Il funzionamento delle istituzioni, il finanziamento pubblico ai partiti e le scelte collegate alla gestione delle istituzioni. La Camera dei Deputati costa un miliardo di euro all’anno, quella spagnola un decimo. Un deputato italiano costa sei volte uno spagnolo.
Pensiamo poi al Quirinale: non sappiamo quanti abitanti abbia e come spenda le cifre che sono la somma del bilancio di una città come Bologna.

Costi della politica e qualità della democrazia
Quando si parla di crisi della Repubblica, mi viene in mente quello che secondo me è il più grande politologo italiano – Altan – che in una sua vignetta aveva lucidamente profetizzato: «Prima repubblica, seconda repubblica: facciamo l’ultima e togliamoci il pensiero». Appunto per questo, potrebbe essere interessante collegare le prestazioni della democrazia con la selezione della classe dirigente. Per Robert Dahl la democrazia è un viaggio senza fine.
Nei prossimi anni si potrà allargare, restringere o diventare altra cosa. Fareed Zakaria addirittura parla di democrazia senza libertà. Esistono dei sistemi politici sia nei paesi ricchi che in quelli in via di sviluppo dove c’è la possibilità di andare a votare ma al tempo stesso questo non significa affatto che i cittadini si esprimano in modo libero e consapevole, in quanto condizionati da lobby, dall’influenza mediatica e da poteri che operano in forme palesi e occulte.
Giorgio Galli sostiene che forse potremmo individuare come spirito di questo tempo la crisi della democrazia e ritiene che negli ultimi cinquant’anni i meccanismi delle democrazie siano indiscutibilmente peggiorati in tutto il mondo. Un tema che è ampiamente sottovalutato e che collegherei con il futuro della democrazia è lo scontro che è in atto, e che sarà sempre più forte nei prossimi anni, tra Stato legale e poteri illegali, quegli anti-mondi, quei fronti planetari del disordine, che caratterizzano sempre di più i processi mondiali. Infatti, credo che la presenza della criminalità transnazionale rappresenti un limite fortissimo al corretto funzionamento delle democrazie, anche di quelle più consolidate.
Questo sarebbe un tema su cui discutere molto nel nostro paese, in cui le forze criminali hanno una rilevanza significativa. In Italia come si esprimono le prestazioni della democrazia? Ritengo che non ci sia diffusamente – a livello politico, accademico, culturale e mediatico – la dimensione della crisi devastante che investe la democrazia nel nostro paese. Si affrontano questioni parziali e si procede tra delegittimazioni e demonizzazioni degli avversari, tra risse verbali su presunte questioni di principio, mentre delle cose importanti e gigantesche – come, per esempio, la criminalità – se ne parla solo nell’immediatezza dell’ultimo fatto rilevante.
Dal mio punto di vista, vengono posti sul tappeto continuamente – e non so, a questo punto, quanto in malafede – temi marginali: i Pacs, per esempio, sono certamente un problema, ma a me, come per la quasi totalità degli italiani, non interessano né direttamente né granché. Il «declinismo» va combattuto, ma con i fatti veri e non con le intenzioni o i provvedimenti populistici.
Senza snocciolare dati noti, ne basta uno del quale si parla poco: il 39% del debito italiano è in mano all’estero. Si tratta di un elemento sconcertante. Va detto chiaramente che le prestazioni della democrazia sono strettamente legate alla qualità della classe dirigente. Uno degli ultimi numeri della rivista «Limes» aveva come titolo L’Italia presa sul serio, ma i primi a farlo dovrebbero essere coloro che la rappresentano. Questa è oggettivamente «la causa delle cause» che determina la crisi della democrazia che è crisi della rappresentanza. Sullo sfondo c’è una legge elettorale dove pochi intimi individuano pochi intimi. Se questi pochi sono illuminati, scelgono persone illuminate: in caso contrario i risultati sono di conseguenza.

giovedì 27 dicembre 2007

Commedie all'italiana: Alitalia

Alitalia a AirFrance? Giù il titolo
Prodi: decideremo entro metà gennaio

Le vendite colpiscono il titolo di Alitalia dopo la decisione del Cda di scegliere Air France come interlocutore privilegiato per la vendita. Le perdite sono in questo momento pari al 3,53%, a 0,7315 euro, e sono passati di mano finora 7,9 milioni di pezzi contro una media giornaliera di 16,6 milioni nell'ultimo mese. La situazione non cambia dopo le parole del premier Prodi nella confernza stampa di fine anno.

A una domanda sugli orientamenti del governo su Alitalia infatti Romano Prodi ha detto che l'esecutivo non terrà conto di proteste e corporativismi, lasciando intendere che le polemiche sui rischi di Malpensa in caso di un'Alitalia francese non faranno spostare le preferenze del governo da Air France a Air One.



PRODI: LA DECISIONE ENTRO META' GENNAIO
Nella vicenda Alitalia "percorreremo fino in fondo" la strada della vendita e il "governo deciderà rapidamente, entro la metà gennaio", ha detto il presidente del Consiglio, sottolineando che, nella scelta tra Air France e Air One, "non terrò conto nè delle proteste, nè degli interessi di categoria, nè dei corporativismi".

"Le rivolte, le proteste", ha aggiunto Prodi, "non possono essere elementi di decisione" perchè "l'Italia ha già sofferto troppo" nel settore del trasporto aereo. Su Alitalia, ha sottolineato, bisogna scegliere affinchè la compagnia diventi "efficiente, stia sul mercato", ma anche perchè "venga incontro agli interessi del Paese, cioè di legare l'Italia al sistema economico mondiale".

"Mi sono anche sorpreso delle proteste di imprenditori del Nord proprio perchè non vi dico quante volte abbiamo insistito perchè si formassero gruppi di imprese appoggiati o non appoggiati da compagnie aeree per costruire questa rete di rilancio dell'Alitalia", ha detto commentando la cosiddetta "rivolta del Nord" contro la possibilità che come acquirente della compagnia venga scelta Air France, il cui piano prevede un ridimensionamento dello scalo milanese di Malpensa. Prodi ha sottolineato che il governo ha fatto "una procedura di grandissima trasparenza. Abbiamo sollecitato tutti coloro che avevano la possibilità di intervenire per prendere in mano le sorti dell'Alitalia. L'abbiamo fatto con imprese straniere e lo abbiamo fatto anche con imprenditori italiani". Ora questa lunga istruttoria, ha aggiunto Prodi, si è conclusa: "Abbiamo due prospettive, due ipotesi soltanto: dobbiamo scegliere la migliore".

Il presidente del Consiglio è quindi intervenuto sull'ipotesi in cui, nel caso in cui venga scelta Air France-Klm, nasca una "compagnia del Nord" che vada a occupare lo spazio lasciato libero da Alitalia su Malpensa. "Se parte ben venga, ma la facciano partire", ha detto Prodi. Il presidente del Consiglio ha quindi ricordato di aver creduto molto, all'inizio, al progetto Malpensa ma anche che la presenza di tanti aeroporti con flussi di traffico importanti intorno allo scalo varesino ne ha impedito la possibilità di diventare un vero hub. Un hub, ha quindi concluso Prodi, "il bacino della pianura padana può anche permetterselo, ma se nessuno lo fa è difficile che si realizzi da solo".


IL PRESIDENTE MAURIZIO PRATO: SIAMO ALL'ULTIMA SPIAGGIA
Dopo la riunione del Cda che lo scorso 21 dicembre ha ufficializzato la sua preferenza per il piano di Air France-Klm, giudicato migliore di quello di AirOne, Alitalia dunque è ora in attesa che arrivi il parere del governo, che attraverso il ministero dell'Economia è il primo azionista della società.

In un'intervista al "Sole 24 Ore", intanto, il presidente della compagnia di bandiera Maurizio Prato (nella foto accanto) ha sottolineato che "questa è l'ultimissima spiaggia per Alitalia". "Non ci sarà più tempo per altri tentativi", ha aggiunto. Prato ha anche puntato il dito contro il "clima ostile, polemico e provocatorio, da più parti alimentato, teso a ritardare e quasi a voler influenzare le decisioni" del Cda della compagnia.

Prato ha dunque auspicato per Alitalia una "decisione rapida" da parte del governo, che nel Consiglio dei ministri del 28 dicembre esaminerà il dossier.Ribadendo che la "scelta unanime" del board ha valutato "l'offerta più idonea per la salvaguardia del complessivo patrimonio aziendale" Prato ricorda la "immanente situazione di grave criticità economico finanziaria" dell'Alitalia, osserva che "permane il rifiuto di prendere coscienza della realtà in cui si trova l'azienda, come se ci fosse tutto il tempo" e critica il "clima ostile, polemico e provocatorio" da parte di "sindacati, politici e fronte del Nord" per influenzare le scelte del Cda.

Rispetto a Malpensa, Prato ricorda che il piano aziendale elaborato in settembre ha confermato che "l'azienda non è in grado di alimentare due hub", sulla decisione che prenderà il governo dopo quella del Cda osserva che "sono due ben distinte sfere di competenza". Se sarà confermata la scelta per Air France-Klm, il manager spiega che "ci sarà la due diligence" e approfondimenti "anche con i sindacati", in particolare sul futuro di Alitalia Servizi per cui Air France-Klm intende seguire il piano Prato. Cioè "una holding al 51% di Alitalia con le attività in società a valle, cedute per il 49% a partner qualificati che si assumano la gestione". Infine, sulla dichiarazione dell'amministratore delegato di Intesa SanPaolo, Corrado Passera (che supporta il concorrente escluso AirOne), secondo cui dare Alitalia ai francesi significa buttarla via, Prato osserva che "sorprende che tanto interesse delle banche sia maturato soltanto negli ultimi mesi. Prima dove stavano?".

martedì 25 dicembre 2007

Il concetto di coda lunga (non è qualcosa di relativo al porno!)


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.



L'espressione coda lunga, in inglese The Long Tail, è stata coniata da Chris Anderson in un articolo dell'ottobre 2004 su «Wired Magazine» per descrivere alcuni modelli economici e commerciali come p.es. Amazon.com o Netflix. Il termine è anche utilizzato comunemente nelle scienze statistiche per definire modelli di distribuzione della ricchezza o di usi lessicali. In queste distribuzioni, una popolazione ad alta frequenza o ampiezza è seguita da una popolazione a bassa frequenza o ampiezza, che diminuisce gradatamente (tail off).

In molti casi, gli eventi poco frequenti o di bassa ampiezza – la coda lunga, rappresentata dalla porzione gialla della curva – possono cumulativamente superare in numero o in importanza la porzione iniziale della curva, di modo che presi tutti insieme rappresentano la maggioranza. Anderson sostiene che i prodotti a bassa richiesta o con ridotti volumi di vendita possono collettivamente occupare una quota di mercato equivalente o superiore a quella dei pochi bestseller o blockbuster, se il punto vendita o il canale di distribuzione sono abbastanza grandi.

Un dipendente di Amazon ha descritto la coda lunga nei seguenti termini: «Oggi abbiamo venduto piú libri tra quelli che ieri non sono affatto andati di quanti ne abbiamo venduto tra quelli che ieri sono andati». Analogamente, l’enciclopedia Wikipedia, pubblicata dagli utenti della rete, conta un grande numero di voci di bassa popolarità, che collettivamente generano piú traffico rispetto al numero limitato di voci molto popolari presenti in una enciclopedia convenzionale come la Encyclopædia Britannica.

La coda lunga presenta implicazioni destinate a influenzare la cultura e la politica. Ove i costi di magazzino e distribuzione sono elevati, vengono venduti solo i prodotti piú popolari. Ove al contrario la coda lunga funziona, i gusti delle minoranze vengono soddisfatti e gli individui hanno maggiore possibilità di scelta. Nelle situazioni in cui la popolarità è determinata dal minimo comun denominatore, un modello a coda lunga può generare un miglioramento del livello culturale della società. La televisione ne rappresenta un ottimo esempio. Le stazioni tv hanno spazi limitati, quindi il costo di acquisizione di ciascuno spazio è elevato; le stazioni pertanto scelgono programmi che garantiscono il massimo ascolto. Tuttavia, con la crescita del numero di stazioni tv e con la distribuzione dei programmi su canali digitali, la scelta dei programmi tv aumenta e con essa la diversificazione culturale. Alcune delle aziende internet devono il loro successo allo sfruttamento del principio della coda lunga nel loro modello economico. Tra le grandi compagnie spiccano eBay (aste), Yahoo! e Google (motori di ricerca), Amazon (vendita al dettaglio) e iTunes Store (musica e podcast), seguite da imprese minori quali Audible (audiolibri) and Netflix (videonoleggio).

Spesso presentato come un fenomeno che investe principalmente i rivenditori di prodotti di massa e aziende che operano sul web, il modello coda lunga si ripercuote anche sui produttori di contenuti, in particolare su quelli i cui prodotti – per motivi economici – erano tagliati fuori dai canali di distribuzione pre-internet controllati dalle case editrici, dalle case discografiche, dalle case di produzione cinematografiche e dalle reti televisive. Dal punto di vista dei produttori, la coda lunga ha generato un fiorire di creatività in tutti i campi dell’ingegno umano.

In occasione di un meeting nell’autunno 1994, cui parteciparono tra gli altri Marc Andreessen (fondatore di Netscape), e diversi membri dello staff di «Wired Magazine», Ken McCarthy, pioniere del commercio su internet e storico dei media, aveva affrontato il modello coda lunga dal punto di vista dei produttori. Dopo aver spiegato come l’industria mediatica pre-internet basasse le proprie iniziative di distribuzione e promozione su una filosofia economica che privilegiava la sicurezza e non su criteri di qualità o sulla potenziale durata della domanda, McCarthy espose una dettagliata previsione dell’impatto che – a suo giudizio – internet avrebbe avuto sulla struttura dell’industria dei media, la quale si è in seguito rivelata estremamente precisa, prefigurando molte delle idee che avrebbero trovato espressione nel popolare saggio di Anderson.

lunedì 24 dicembre 2007

Grillo e la casta I

Ho deciso: d'ora in avanti pubblicherò ogni articolo che mi sembra opportuno ricordare al fine di poter migliorare questo paese. Non è farina del mio sacco, è giusto precisarlo.





Da corriere.it


INTERCETTAZIONI IL COMICO: SBAGLIATO DIFENDERE BERLUSCONI
Grillo contro Bertinotti. Il Prc: attacco volgare
Mastella insiste: subito il decreto

ROMA—Scandalizzato dalla telefonata tra Berlusconi e Saccà, nonché dalla difesa delle prerogative e del diritto alla privacy del Cavaliere fatta dal presidente della Camera, Beppe Grillo scende in campo a dire la sua. E attacca a testa bassa Fausto Bertinotti che si è «preoccupato—scrive il comico nel suo blog — per la privacy di un signore che voleva comprare un senatore. Invece di espellere questo (basso) insulto alla democrazia dalla Camera ne tutela la privacy. Boia Faust(o)».

È infuriato Grillo, per una «Rai, servizio pubblico, che si fa bordello per far cadere il governo» e per questo il messaggio a Bertinotti è che «non me ne frega un c...o della privacy di queste persone: le voglio fuori dal Parlamento, fuori dal servizio pubblico. È gente immorale, che della legalità ha sempre fatto carne da porco. E lei, tenera mammola, pensa alla loro privacy mentre viene chiesto il trasferimento dei giudici di Mastella e di D’Alema da una Letizia Vacca qualsiasi ». La difesa del presidente della Camera è affidata a Gennaro Migliore, capogruppo del Prc, secondo il quale «difendere il garantismo è un dovere morale e per la sinistra rappresenta un valore di fondo», mentre «Grillo nel suo volgare attacco a Bertinotti conferma di saper intervenire sulla scena politica solo dal buco della serratura».


In questo clima di contrapposizione, Clemente Mastella insiste: serve un decreto legge per dare una risposta all’ «emergenza civile» causata dalle intercettazioni. E a Palazzo Chigi che sconsiglia di «agire d’impulso», il Guardasigilli replica che no, si tratta invece di un atto «ragionato», perché la sua riforma della giustizia «giace» in Senato da troppo tempo. Ma da sinistra contestano la lettura di Mastella: «L’esame del provvedimento in commissione per il 15 gennaio può essere concluso», dice il presidente Cesare Salvi di Sd, confortato da Felice Casson, e «se il governo dovesse dare più importanza» alle intercettazioni che «ai morti sul lavoro», entro il mese la riforma sarebbe varata. Che il problema ci sia comunque lo pensano in tanti nell’Unione: Dario Franceschini definisce «inammissibile» la pubblicazione delle intercettazioni, ma Antonio Polito chiede una posizione ufficiale di Veltroni sul tema: «Cosa dice di tutto questo l’esecutivo del loft?.

venerdì 21 dicembre 2007

Beautiful songs: Before it's too late/Goo goo dolls

Ascoltala

I wonder through fiction to look for the truth
Buried beneath all the lies
And I stood at a distance
To feel who you are
Hiding myself in your eyes

And hold on before it's too late
Until we leave this behind
Don't fall just be who you are
It's all that we need in our lives

And the risk that might break you
Is the one that would save
A life you dont live is still lost
So stand on the edge with me
Hold back your fear and see
Nothing is real til it's gone

Hold on before its too late
Until we leave this behind
Don't fall just be who you are
It's all that we need in our lives

So live like you mean it
Love til you feel it
It's all that we need in our lives
So stand on the edge with me
Hold back your fear and see
Nothing is real til it's gone

And hold on before its too late
Until we leave this behind
Don't fall just be who you are
It's all that we need in our lives

And hold on before its too late
Until we leave this behind
Don't fall just be who you are
It's all that we need in our lives

It's all that we need in our lives
It's all that I need in my life

giovedì 20 dicembre 2007

Cazzate di Natale


A Natale sono tutti più cazzari. Sembra essere questa la frase giusta per questo finale d'anno. Berlusconi, Galliani, Domenech, Calderon... Sono in tanti i pretendenti al premio di "cazzaro d'oro", dedicato a chi la spara più grossa, a chi finisce per dire una cavolata bella e buona senza darsene conto.

Non può mancare Raimondo Domenech in queste particolari classifiche: "Gli italiani a San Siro hanno giocato per il pareggio". Già, peccato che egli stesso avesse dichiarato mesi fa: "Siamo venuti a Milano per raccogliere punti, il pareggio va benissimo". Almeno si metta d'accordo con sè stesso.

Poi c'è l'immancabile Galliani, in pieno delirio d'onnipotenza dopo la vittoria in Giappone del Milan: "''ci stanno chiamando tanti grandissimi giocatori, 'insospettabili' come li chiama Carlo Ancelotti, e molti procuratori. Una squadra che ha vinto quanto il Milan fa gola a molti giocatori, pero' abbiamo undici titolari senza eguali al mondo e migliorare la rosa sara' difficilissimo''. Considerando la velocità che ha il Milan ultimamente nel concludere una trattativa (basti pensare a Oddo, arrivato dopo 2 anni di trattative con Lotito), questo appare come l'unico modo effettivo perrinnovare la difesa prima che Maldini arrivi ai 45 anni.

Il prossimo personaggio invece è un prodotto della penisola iberica, il presidente del Real Madrid Calderon (Da me chiamato "Cabron"), un duro, uno che le mezze misure non le conosce: "Può sembrare arrogante, però chissà, magari Kakà non troverebbe posto nell'attuale rosa del Real Madrid". Ne riparleremo señor Calderon, ne riparleremo.

In una galleria così non può mancare ovviamente Berlusconi, uno che a volte tira fuori dei gioielli: "Ho parlato con Carlo Ancelotti di cosa avrebbe portato Pato al Milan e lui mi ha detto che che se continua a giocare come lo vediamo fare noi nelle partitelle di allenamento tra i ragazzi finisce che tra gennaio e giugno fa 30 gol". Per la serie: o grosse o niente. Quest'anno i botti si scoppiano in anticipo a quanto pare.

domenica 16 dicembre 2007

Cose che non cambiano




Ci sono cose che non cambiano mai. Quante volte abbiamo sentito questa frase? Sono tornato in Italia, e ho avuto la possibilità dopo mesi di vedermi finalmente una giornata di campionato come si deve.E subito c''è la rivincita, l'ennesima di Del Piero. Rivincita contro chi? Contro tutti quelli che lo hanno sempre criticato (io compreso). E allora lui segna, di sinistro, su punizione, di tacco... il come e secondario, lui segna e anche di più di quanto facesse ai tempi in cui veniva considerato un "enfant prodige".

Del Piero è così, uomo campionato fino all'ultimo respiro. Deciso più che mai ad andare a prendersi un posto per gli europei alpini di quest'estate. E magari di tirare avanti fino alla coppa del mondo in Sudafrica. La sua fuga di ieri nell'azione del suo secondo gol (quello del momentaneo 1 - 3) ha del miracoloso: stop da campione, esempio cristallino di tecnica e tiro di sinistro in diagonale. Del Piero c'è insomma, difficile capire quanto possa dare in continuità, ma c'è. E per una squadra come la Juve, la presenza di un uomo d'esperienza di queste condizioni è fondamentale. Sì, anche per puntare allo scudetto. Perchè la Juve, pur senza Moggi, rimane la vera grande avversaria della super inter di Mancini. Questione di mentalità, questione di non arrendersi mai.

martedì 11 dicembre 2007

Le mails di Francesco 3


Dal Blog di Beppe Grillo parte un'altra
iniziativa...(quella precedente era abolire il costo di ricarica delle schede telefonicheprepagate......con ottima riuscita!!!!)
Provare non costa nulla!!!!!!!!!!!!
Giratela ognuno ad almeno 10 contatti, grazie mille!!!!
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COME AVERE LA BENZINA A META'PREZZO?

Anche se non hai la macchina, per favore fai circolare
il messaggio agli amici.
Benzina a metà prezzo?
Diamoci da fare...
Siamo venuti a sapere di un'azione comune per
esercitare il nostro potere nei confronti delle compagnie petrolifere.

Si sente dire che la benzina aumenterà ancora fino a
1.50 Euro al litro.

UNITI possiamo far abbassare il prezzo muovendoci
insieme, in modo intelligente e solidale.

Ecco come....

La parola d'ordine è 'colpire il portafoglio delle
compagnie senza lederci da soli'.

Posta l'idea che non comprare la benzina in un determinato giorno ha fatto ridere le compagnie (sanno benissimo che, per
noi,si tratta solo di un pieno differito, perché alla fine ne abbiamo
bisogno!), c'è un sistema che invece li farà ridere pochissimo, purché si agisca in tanti.

Petrolieri e l'OPEC ci hanno condizionati a credere che un prezzo che varia da 0,95 e 1 Euro al litro sia un buon prezzo,
ma noi possiamo far loro scoprire che un prezzo ragionevole anche per loro è circa la metà.

I consumatori possono incidere moltissimo sulle politiche delle
aziende: bisogna usare il potere che abbiamo.

La proposta è che da qui alla fine dell'anno non si compri più benzina dalle 2 più grosse compagnie, SHELL ed ESSO, che
peraltro ormai formano un'unica compagnia.

Se non venderanno più benzina (o ne venderanno molta
meno), saranno obbligate a calare i prezzi.

Se queste due compagnie caleranno i prezzi, le altre
dovranno per forza adeguarsi.

Per farcela, però dobbiamo essere milioni di NON-clienti di Esso e Shell, in tutto il mondo.

Questo messaggio proviene dalla Francia, è stato inviato ad una
trentina di persone; se ciascuna di queste aderisce e a sua volta lo
trasmette a, diciamo, una decina di amici, siamo a trecento.

Se questi fanno altrettanto, siamo a tremila, e così
via..................

Di questo passo, quando questo messaggio sarà arrivato
alla 'settima generazione', avremo raggiunto e informato 30 milioni di consumatori!

Inviate dunque questo messaggio a dieci persone chiedendo loro di fare altrettanto.

Se tutti sono abbastanza veloci nell'agire, potremmo sensibilizzare
circa trecento milioni di persone in otto giorni! E' certo che, ad agire così, non abbiamo niente da perdere, non vi pare?

Chi se ne frega per un po' di bollini e regali e baggianate che ci
vincolano a queste compagnie.

Coraggio, diamoci da fare!!!

domenica 9 dicembre 2007

Prenditi il mondo Kakà!!! E poi l'Italia


"Voglio entrare nella leggenda". Questo il commento di Kakà alla viglia del mondiale per club in Giappone. Mondiale per club disprezzato da molti per il basso livello di squadre su 7, ma che comunque rimane importante a livello di immagine e, di conseguenza, come valore monetario. Il Milan dei vecchietti c'è, chi annovera tra le propria fila giovani forti e invincibile è rimasto fra le nebbie del nord Italia.

Ma non perdiamoci in queste cavolate e torniamo a Kakà. Ci sono momenti della vita in cui ha la grande occasione, come calciatore, di diventare davvero il numero uno. Kakà non è ritenuto il numero 1 al mondo all'unanimità, c'è chi gli preferisce Messi, chi Cristiano Ronaldo.... Ha vinto il pallone d'oro, la champions league da capocannoniere, ma gli manca ancora qualcosa. E che cosa nella fattispecie? Gli mancano quei 7-8 gol in più in campionato che ne farebbero un giocatore super completo, un leader supremo. Già, perchè un conto è segnare 9 gol in champions league, difficile per carità, ma dove si gioca un calcio più aperto, dove viene maggiormente risaltato il colpo ad effetto, un altra è fare quel gol decisivo in campionato che ti permette di portare a casa i 3 punti e pensare con iù tranquillità alla domenica successiva.

Questo concetto è chiaro se pensiamo agli anni '80 quando giocatori con il 10 sulla schiena riuscivano a portare a casa il titolo di capocannoniere. Maradona e Platini (ma anche Zico, troppo sfortunato però) erano due 10 non solo per il numero che portavano sulla schiena, bensì per la fantasia, l'attitudine alla leadership in campo e nello spogliatoio e per la classe innata che avevano nei loro piedi. Ciò che li distingueva ulteriormente era poi l'attitudine al gol, il più delle volte decisivo ai fini del risultato. Avere un Maradona in squadra significava avere il folletto che poteva risolvere il match o girarlo a favore del Napoli. Un vantaggio incalcolabile nel corso di campionati belli e combattuti come quelli degli anni '80.

Kakà può essere erede di questi due fenomeni, ma deve lavorare e duramente. Ha le potenzialità tecniche che giocano a suo favore: un bel tiro, uno scatto pauroso, una gran capacità di saltare l'uomo, una resistenza di corsa fenomenale (nessun numero 10 ha mai avuto la resistenza di Kakà) e un gran fisico che lo rende robusto nei contrasti. Cominciare a segnare gol pesanti, chiudere un campionato con 15 gol come minimo e magari con un numero uguale di assist. Oggi il mondiale per club Ricky, domani la maturazione finale in campionato. Può farcela, e alla grande.

giovedì 6 dicembre 2007

Le mails di Francesco 2

> Oggetto: Che le donne capiscano
>
>
> Non ho mai capito perchè le necessità sessuali degli uomini e delle donne
> sono così differenti fra loro...
> Non ho mai capito tutte quelle idiozie che le donne provengono da Venere e
> gli uomini da Marte.
> E non ho mai capito perchè gli uomini pensano con la testa mentre le donne
> con il cuore.
>
> Però...... Una notte mia moglie ed io siamo andati a letto.
> Abbiamo cominciato ad accarezzarci, massaggiarci, bacini etc, etc.....
>
> La questione è che io ero già pronto, ma proprio in quel momento lei mi
> dice:
> "Adesso non ne ho voglia, amore mio. Voglio solo che mi abbracci"
> Ed io esclamo:"
> CHEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE???????????????"
>
> Al che mi dice le parole magiche di tutte le donne:"Non sai
> connetterti con le mie necessità emotive di donna".
> Che cazzate... Il punto finale è che quella sera non ci sarebbe stata
> nessuna lotta.
>
> Ho messo a posto gli oli afrodisiaci, ho spento le candele, ho tolto il
> disco di Baglioni (in quei momenti funziona quasi sempre) ho spento lo
> stereo ed ho rimesso in frigo lo champagne.
> Sono andato a farmi una doccia fredda per vedere se potevo calmare "la
> bestia" e mi sono messo a guardare
> Discovery Channel a tutto volume per non fare dormire la figlia di mia
> suocera...Dopo un pò mi sono addormentato.
>
> Il giorno dopo siamo andati al centro commerciale e mi sono messo a guardare
> orologi mentre lei siprovava tre modelli carissimi di Armani.
> Come tutte le donne non sapeva decidersi, così le ho detto di
> prenderli tutti e tre.
> A questo punto mi ha detto che le sarebbero servite delle scarpe nuove da
> mettere con i nuovi vestiti, 350 euro al paio. Le ho detto che andava bene.
> Di lì siamo andati nella sezione casual dalla quale ha preso un piumino ed
> una borsa di Luis Vuitton. Era così emozionata!
> Credo pensasse che fossi diventato pazzo, ma ad ogni modo le ha prese lo
> stesso. Mi ha messo, quindi, alla prova chiedendomi un gonnelino corto da
> tennis.
> Non sa neanche correre, figuriamoci giocare a Tennis. E' rimasta shockata
> quando le ho detto di comprare tutto ciò che voleva.
> Era così eccitata sessualmente dopo tutto questo, ed ha cominciato a
> chiamarmi con tutti i nomignoli più affettuosi e stupidi che le donne usano.
> "Cucciolone mio", "Topolino amoroso" e così via. Siamo andati alla cassa a
> pagare.
>
> E' stato qui che, essendoci solo una persona prima di noi, le ho detto:"No
> amore mio, credo che in questo momento non ho voglia di comprare tutto
> questo"...
>
> Se aveste potuto vederle la faccia, diventò pallida quando le ho detto:
> "Voglio solo che mi abbracci".
> Sembrò quasi che stesse per svenire, le si è paralizzata la parte sinistra
> del corpo, le è venuto un tic nervoso all'occhio.
> A questo punto le ho detto: "Non sai connetterti con le mie necessità
> finanziarie di uomo".
>
> Mandalo agli uomini perchè si facciano una risata.
>
> Mandalo alle donne perchè capiscano cosa si prova.

mercoledì 5 dicembre 2007

Beautiful songs: Nella stanza 26/Nek

Quell’insegna al neon
dice si poi no
è l’incerto stato d’animo che hai
non ce la fai
ma dagli uomini
che ti abbracciano
e ti rubano dagli occhi l’allegria
non puoi andar via
non puoi andar via

se le lacrime
ti aiutassero
butteresti via il dolore che ora c’è
è dentro di te

Nella stanza 26
tra quei fiori che non guardi mai
dove vendi il corpo ad ore
dove amarsi non è amore
e sdraiandoti vai via da te
nella stanza 26
dove incontri sempre un altro addio
che ferisce il tuo bisogno d’affetto
in quel breve contatto che non c’è

L’uomo che non vuoi
l’uomo che non sai
sta bussando alla tua porta già da un po’
ma non gli aprirai
come rondini
imprendibili
vanno liberi da un corpo stanco ormai
i pensieri che hai

Nella stanza 26
tra quei fiori che non guardi mai
se ti affacci vedi il mare
ricominci a respirare
poi ti perdi nella sua armonia
e hai il coraggio di andar via
via da un mondo sporco che non vuoi
via da un bacio che non ha tenerezze
che non sa di carezze

e cammini lungo il mare
nel suo lento respirare
tu sei parte di quel tutto ormai

Nella stanza 26
metti un fiore tra i capelli tuoi
mentre l’alba nuova ti viene incontro
nel profumo del vento

Nella stanza 26

martedì 4 dicembre 2007

La televisione di Aragones


C'è da chiedersi cosa trasmetta di preciso la televisione di Luis Aragones, Dopo l'indimenticabile mondiale degli spagnoli (usciti a calci nel culo come sempre, eccetto nel '64 quando Francisco Franco comprò l'europeo), Luis Aragones dev'essere tornato a casa sua, nella penisola iberica. qui avrebbe pertanto cotinuato a guardare i mondiali attraverso la televisione (ui in Spagna non c'era più).

Lo dico perchè oggi, leggendo le sue dichiarazioni in un'intervista sono rimasto senza parole: "La Spagna non ha mai avuto fortuna nei grandi appuntamenti. D'altronde avete visto l'Italia? Era quasi eliminata, poi ha vinto il mondiale."

Ma quand'è che noi saremmo stati ad un passo dall'eliminazione? Nel girone dopo il pareggio con gli americani? Abbiamo subito due soli gol in tutta la coppa del mondo. Uno ce lo siamo fatti noi, l'altro l'ha segnato Zidane su calcio di rigore. In finale. Ma lo show di Aragones non è finito qua e continua con gli attacchi all'Italia: "Gli italiani vogliono solo vincere nel calcio. Per loro lo spettacolo è una cosa secondaria." . Ma neanche la Francia si salva, eh sì, il viejo ha qualcosa da insegnare anche ai francesi: "Hanno sempre avuto delle squadrette, solo con l'arrivo degli atleti africani hanno potuto vincere qualcosa". Come se Platini, Giresse e Kopa fossero originari della Namibia.

Questo squallore di intervista è il prodotto del sentimento d'inferiorità spagnolo. Ogni giorno si leggono articoli con attacchi sibillini e ben nascosti (ma visibili a chi sta attento, come me, a queste cose), attacchi che testimoniano un'invidia malcelata dei toreros nei confronti di nazioni calcisticamente superiori come Francia, Italia e Germania. Per esempio, quando la Spagna vinse in Danimarca per 3 a 1 quest'autunno, la seconda frase dell'articolo che raccontava il match era questa:"Non saremo campioni del mondo, ma quando giochiamo così no ce n'è per nessuno".

Si arriva quindi all'autoproclamazione, all'esaltazione della normalità. E, ancora peggio, i vanno a sminuire i veri valori del calcio. L'esempio da seguire rimane il Brasile, il tiki taka, il futbolito e tutte queste cazzate planetarie. La Spagna si conferma, per l'ennesima volta, un paese dove a dettare legge sono i cazzari. Più le spari grosse e più sei un fenomeno. Contenti loro. Sono sicuro che di risate quest'estate me ne farò. E non poche.

domenica 2 dicembre 2007

Gruppo di ferro? Ci pensa l'Italia.



E' come cominciare un giro d'Italia con una bella cronoscalata. L'Italia sicuramente non ha avuto fortuna in questo sorteggio per la prima fase della eurocopa 2008. Saremo in compagnia di Olanda, Romania e , soprattutto, Francia. Un girone di ferro sulla carta. L'unico girone più difficile, che io ricordi, nel quale l'Italia sia stata inserita, è il secondo girocino di Spagna '82, quello in compagnia di Brasile e Argentina. Ne passava una. Contro la Polonia però ci saremmo andati noi, con buona pace di Maradona e Zico.

Basta un passo falso per essere fuori, verissimo. Ma l'eurocopa dovrebbe aver insegnato una cosa nelle ultime edizioni: che nulla è scontato. Nell'edizione 2000 arrivammo ad un passo dalla conquista del titolo, nonostante le nostre quotazioni fossero al minimo storico. C'era uno straordinario Francesco Totti a guidare gli azzurri, i quali pagarono in finale tutta la fortuna avuta in regalo contro i padroni di casa olandesi nella semifinale. Nel 2004 avvenne l'esatto contrario: tutti i giornali parlavano di rivincita tra Francia e Italia in finale. Alla fine a Lisbona ci arrivarono Grecia e Portogallo.

Insomma non va mai nulla come dovrebbe. Non fu così neanche nel 1996, nel 1992. La causa di tutto questo è ricercare nel gran livellamento qualitativo tra le vari nazionali europee. L'Italia sta bene secondo me. Ha vinto a Glasgow un gran match (in Spagna si è parlato, novità assoluta per l'Italia, di "partido epico"), ha conquistato la prima posizione del gruppo di qualificazione. L'unico cruccio è stato quello di non esssere riusciti a vincere uno scontro diretto con i francesi, ma in che condizioni fisiche li abbiamo incontrati? E con che uomini? Luca Toni non è mai stato della partita contro i francesi. Ci mancava il bomber, quello che agli scozzesi ha fatto 3 gol (pesantissimi ai fini della qualificazione) in 2 partite. E poi sono mancati anche altri, come Materazzi, come Panucci (importantissimo il suo ritorno nel giro azzurro)... Le qualificazioni servono per qualificarsi, lo dice il nome. E l'Italia ha ottenuto ciò che era importante. Il resto sono chiacchere.

Aspetterò con grande ansia l'inizio dell'europeo alpino e con grande fiducia nei confronti del gruppo Italia. Sono convinto che Donadoni saprà portare in Svizzera/Austria una grande squadra per cercare di riportare in patria una coppa che non conquistiamo da ben 40 anni. Forza azzurri, per me l'eurocopa è già cominciata.

mercoledì 28 novembre 2007

Beautiful songs: Il prestigiatore/Raf

Dall'album "Ouch" (2004)

Lui rimasto solo col suo cappello
Un cilindro nero come il mantello
Senza colombe e senza lei
Lei che se ne è andata nonostante tutto
Indifferente a qualsivoglia trucco per farla rimanere

Come in un quadretto Felliniano
Con un coniglio rimbambito in mano
E carte sparse sul parquet

Con il cuore in gola
Guarda dentro il cilindro per ore
Sospeso a mezz’aria
E il suo silenzio copre ogni rumore
Di niente si accorgerà
Finquando ancora ripenserà
A che coraggio ha avuto
Nel tradirla e dire tutto

Ci fosse solo un modo per ricominciare
Sarebbe certo un pò più facile
La vita per un semplice prestigiatore
Con la bacchetta in pugno ed un foulard
[Il Prestigiatore Lyrics on
http://www.lyricsmania.com/ ]
Pensare poi che …

Che lei divisa in due tutte le sere
Ricompariva intera in un forziere
Armata di paillettes e di sorriso

Oggi spettacolo nuovo del prestigiatore
Che resta sospeso in levitazione
Contro le leggi di gravità
Gente che applaude stupita dal magico trucco

Ma lui vola davvero vola sul mondo
Col suo cilindro e la sua piece

E ancora dolente
Vola in alto come un’aquilone
Poi stanco si arrende
Ed esordisce : signore e signori
Stasera si chiude qui
Perché la vita và così
E certe cose non le puoi cambiare con un trucco.

Se c’è la spiegazione dei miracoli
Esiste solamente dentro noi
Nelle coscienze abbandonate in fondo ai cuori
Son scritte le parole magiche

Ci fosse solo un modo per ricominciare
Sarebbe certo un pò più facile
Non vivere la vita da prestigiatore
Con la bacchetta in pugno ed un foulard

Ci fosse solo un modo per ricominciare
Ci fosse solo un modo per ricominciare

domenica 25 novembre 2007

Squadre vere II: Francia 1998


La Francia, prima dell'avvento di quest'ultima fortissima generazione di calciatori, aveva vinto ben poco. Il centrocampo magico del 1984, quello di Platini, Giresse, Fernandez e Tigana era un gradito ricordo per gran parte dei francesi nel 1998, assieme a quella serie di piazzamenti che aveva ottenuto l'equipe de france nei mondiali del 1982 e del 1986 (4° e 3° posto). Ancora più francesi si ricordavano invece delle delusioni recenti: la mancata qualificazione ai mondiali d'america e la sconfitta in semifinale di fronte alla Repubblica Ceca. La Francia tornava ad ospitare un mondiale dopo 60 anni. Nel 1938 erano stati gli azzurri di Vittorio Pozzo a trionfare nel paese transalpino, ma parliamo di altri tempi e di un altro calcio.

La Francia non era mai arrivata alla conquista di un titolo mondiale. Nel '58 si era trovata davanti l'imprendibile Brasile di Pelè, nell '82 e nell' '86 furono invece i tedeschi dell' ovest a giustiziare i bleus. Il paese dal canto suo si aspettava molto da questa squadra. C'erano grandi aspettative insomma, ma la sqaudra? Bè, i giocatori per puntare in alto c'erano: Desailly, Deschamps, Thuram, Blanc, Djorkaeff, Lizarazu, i giovani Henry e Trezeguet... una rosa di prim'ordine. E poi c'era Zinedine Zidane, il faro, il centro di gravità della squadra, l'uomo che doveva riscattarsi dal brutto europeo giocato due anni prima in Inghilterra e
dimostrare di essere un vero leader, come le amichevoli pre-mondiale sembravano confermare.

Ma c'era anche un esercito di avversari. Primo della lista il Brasile campione in carica, il quale si presentava senza Romario, il simbolo del trionfo americano, ma con Ronaldo, quello che in Italia chiamano "il fenomeno", quello che a soli 21 anni è considerato un calciatore con pochi uguali come valore nella storia di questo sport. Poi c'è l'Italia, che punta su Alessandro Del Piero e sul pichichi Christian Vieri, c'è la Germania campione d'europa con i suoi vecchietti terribili, c'è l'Argentina del bomber Batistuta, l'Inghilterra di Alan Shearer e David Beckham (poi splenderà il genio di Michael Owen), l'Olanda di Bergkamp e Kluivert, più uno stuolo di possibili sorprese. Le quali, essendo sorprese, verranno scoperte ed ammirate solo con il prosieguo del torneo.

Aimè Jacquet si trovò così a dover guidare una nazionale fortissima, in uno dei mondiali che si prospettava come i più belli degli ultimi anni. Il debutto a Marsiglia dei francesi fu ottimo: il sudafrica venne sconfitto con un secco 3 a 0. Poi toccò all'Arabia Saudita, silurata con un perentorio 4 a 0. Ma la seconda partita del girone C fece notizia più che altro per l'infortunio di Dugarry ed il folle gesto di Zidane, il quale, senza precisi motivi, rifilò una pedata ad un giocatore arabo a terra. L'arbitro vide il tutto ed espulse Zizou, il quale, conseguentemente a questa mattana, rientrerà in gioco solo per i quarti di finale. La partita conclusiva del girone vide i francesi superare di misura la Danimarca e passare quindi il turno come primi classificati.

I blues, pur avendo segnato ben 9 reti nel gironcino di qualificazione, avevano paradossalmente un grosso problema in attacco. O meglio, non avevano un vero attaccante di stazza mondiale: Trezeguet e Henry erano ancora giovani ed inesperti, Dugarry era un attaccante normale per non dire mediocre, Guivarch era un attaccante mediocre, per non dire ridicolo
Il problema rimase nascosto finchè, incontrando avversari di basso livello, andarono a segno un pò tutti. Henry segnò 2 gol all'Arabia e 1 al Sudafrica per esempio, ma si trattava di exploit figli della gran manovra che i francesi erano in grado di imbastire e del genio di Zidane (grandissimo nel lanciare a rete l'attaccante). Se ne ebbe la prova negli ottavi d finale
contro il modesto Paraguay, contro il quale i transalpini faticarono e non poco ad ottenere la vittoria. Fu un colpo di testa di Blanc a chiudere i conti.

Nei quarti di finale i padroni di casa si trovarono faccia a faccia con la squadra più brutta, esteticamente parlando, di tutta la coppa del mondo: l'Italia. Guidati da uno strano personaggio di nome Cesare Maldini, gli azzurri erano arrivati, dopo mille paure e ansie, ad un passo dalle semifinali. Il gioco dell'Italia era caratterizzato dall'uso sistematico del lancio lungo a cercare
Christian Vieri, il quale, con 5 gol in 4 gare aveva risolto una serie di situazioni intricate, ultima delle quali la gara contro la Norvegia. Del Piero, che doveva essere la stella, finì per assomigliare alla stalla della manifestazione; in compenso Roberto Baggio, che era in buone condizioni fisiche, era inspiegabilmente tenuto in panchina.
Come è giusto che sia furono gli azzurri ad avere la peggio. Non prima però di aver venduto cara la pelle ed aver fatto sudare freddo tutta la nazione francese. Vieri si trovò solo davanti a Barthez, ma gli tirò in bocca; Baggio (entrato in campo per sostituire il fantasma) sfiorò il gol dei gol con una gran voleè di destro.

L'Italia uscì ai rigori, come 4 anni prima in America. Furono decisivi gli errori di Albertini e Di Biagio, sebbene fossero stati i francesi a sbagliare per primi un penalty con il terzino Lizarazu. Adesso la Francia ci crede davvero, anche perchè mancano solo 2 partite per coronare il sogno. I francesi si trovarono sulla loro strada la fantastica Crozia di Davor Suker (poi scarpa d'oro mondiale) e Prosinecki. I croati, passati come secondi nel proprio girone dietro l'Argentina, e trascinati dal centravanti del Real Madrid avevano sconfitto Romania e Germania. La semifinale prese una piega inaspettata nel secondo tempo, quando fu ancora l'incredibile Suker ad andare a segno. La Francia non era mai andata in svantaggio in tutto il mondiale, avrebbe reagito a questa sberla? Lo fece nella maniera più incredibile, poichè fu un difensore, e per di più con una doppietta a dare il pass ai bleus per la semifinale. Se la Francia arrivò in finale gran merito era quindi di Lilian Thuram, il forte difensore del Parma. E chi ci poteva essere in finale se non il Brasile?

La selecao era l'unica squadra non europea ad aver vinto il titolo nel vecchio continente. Era il 1958, e i padroni di casa della Svezia furono travolti con un perentorio 5 a 2. Il Brasile poteva contare all'epoca sul supporto straordinario di Pelè, che, nonostante i suoi 17 anni, era già considerato il più forte giocatore del mondo. Le analogie con il torneo di 40 anni prima erano molte: il Brasile era difatti trascinato da Ronaldo, un nuovo fenomeno, si scontrava con i padroni di casa. Tra le altre cose, il ct della selecao era Mario Zagallo, uno che nel 1958 c'era, ma in campo.

Ma com'era arrivato il Brasile alla finale? Dopo non aver brillato nel girone di qualificazione (basti pensare alla sconfitta, indolore però, contro la Norvegia) i verdeoro avevano battuto Cile, Danimarca e Olanda (nel match più bello della rassegna iridata). Qualcosa però non tornava: il potenziale carioca non era espresso al massimo. Il Brasile non era una squadra, non aveva la stessa unitarietà che gli avrebbe permesso di vincere i mondiali 4 anni dopo. Ronaldo dava spesso l'impressione di essere abbandonato a sè stesso, di non essere inserito in un vero meccaismo di gioco. L'altra grande stella brasiliana Rivaldo e il fenomeno avevano trascinato la selecao fino alla finale. Il misterioso attacco epilettico che colpì Ronaldo dimezzò di fatto la forza dei brasiliani, proprio alla vigilia di un match come la finale di coppa del mondo. Non ci fu storia dunque. troppo forte e compatta la nazionale francese. E vuole la logica delle cose, tocca a Zinadine Zidane il ruolo dell'eroe: doppietta di testa, due gol in fotocopia che mettono k.o il Brasile prima del colpo di grazia di Emanuel Petit, che sfrutta l'assist di un altro giovane francese promettente: Patrick Vieira.

La vittoria francese, che molti videro più che altro come una sconfitta brasiliana (un pò come successe nel 1982, ma questa è un altra storia) fu invece l'ennesima dimostrazione, semmai ce ne fosse bisogno, dell'importanza del gruppo e delle dinamiche di gestione dello stesso. La Francia meritò il titolo mondiale pienamente, soprattutto perchè, alla fine di tutto, fu la squadra con miglior attacco (e fortuna che non aveva un centravanti decente) e miglior difesa. Per i francesi era l'inizio di un periodo d'oro, che tuttora non si può dire concluso. Se la vecchia guardia composta da Deschamps, Desailly, Blanc, aveva già lasciato la nazionale tra il 2000 e il 2002, non si può difatti certo dire che la nazionale che è arrivata in finale contro l'Italia nel 2006 fosse tutta un' altra squadra. Erano infatti presenti Trezeguet (ce lo ricordiamo tutti bene), Henry, Vieira, Thuram, Barthez e soprattutto il grande Zidane. Sono cambiati gli allenatori, ma lo spirito dell'equipe de France è rimasto intatto in questi 8 anni. Vedremo senza Zinedine Zidane cosa saranno in grado di combinare in Austria e Svizzera.

Le mails di Francesco


Mail dal mio amico Francesco. Io, da vero amico, copio e incollo.


Prodi in groppa al suo cavallo Furio sta aspettando il verde per
attraversare la strada, quando una bambina su una bicicletta nuova di
zecca
si ferma accanto a lui.

"Bella bici - dice il premier - te l'ha portata Babbo Natale?"
"Certo che me l'ha regalata lui" risponde la bimba.
Dopo aver scrutato la bicicletta, il presidente del consiglio Prodi
consegna
nelle mani della piccina una multa da 5 euro.
"La prossima volta -le dice- dì a Babbo Natale di mettere sulla
bicicletta
una luce posteriore".

La bambina, per nulla intimorita, lo guarda e gli dice:
"Bel cavallo, signore. Gliel'ha portato Babbo Natale?"
"Certo che me lo ha portato lui" risponde Prodi con aria stupita e
divertita.
"Allora - continua lei -la prossima volta dica a Babbo Natale che i
coglioni
vanno sotto il cavallo, non sopra"

P. S.:Tutte le persone che ricevono la presente comunicazione hanno
l'obbligo civile e morale di trasmetterla ad almeno altre cinque MILA
persone. Non sia mai che qualcuno lo votasse di nuovo...

Questa e-mail sta girando il mondo come simbolo di pace e di
prosperità
...... non fermarla!!

giovedì 22 novembre 2007

Squadre vere I: Grecia 2004 (II parte)


Il calcio però non è una scienza. Angelos Charisteas non aveva voglia di fermarsi al solo gol segnato contro la Spagna. Era la sua estate, la sua grande rivincita. La rivincità del gregario, della ruota di scorta (un pò quello che successe a Materazzi 2 anni dopo), del giocatore da turn-over, dell'eroe per caso. E Charisteas non si tirò di certo indietro, così come il resto dei greci.

E la Greci compì l'impresa. Dopo un primo tempo giocato ad alti livelli (i greci presero anche un palo con Katsouranis), i francesi presero in mano la partita, o per lo meno ci provarono. Al 65' però arrivò il colpo di grazia: Zagorakis, dopo aver saltato Lizarazu, mise in mezzo per la testa del centravanti greco. Per Barthez non ci fu scampo.

Era il gancio che metteva k.o. i campioni d'europa in carica. Uno shock per tutta l'europa calcistica. Ad Atene invece cominciavano a crderci per davvero.

Gli ellenici si trovavano ora davanti un avversario davvero tosto: la Repubblica Ceca del pallone d'oro Pavel Nedved, una grande squadra che aveva incontrato ben pochi problemi da Giugno in avanti, chiudendo a punteggio pieno il gruppo e schiacciando con un pesante 3 a 0 la vigliacca Danimarca del vigliacco Poulsen.

Ma per l'ennesima volta i greci si superarono. Fu Dellas, panchinaro nella Roma, a diventare l'eroe di giornata. C'è da dire che la Repubblica Ceca avrebbe meritato ampiamente la qualificazione, ma Milan Baros (capocannoniere dell'europeo) non andò a segno in quest'occasione. L'infortunio di Nedeved favorì il passaggio dei Greci alla finale.

Una finale contro i padroni di casa, ancora contro il Portogallo sconfitto all'esordio. Possibile sconfiggere ancora una volta i portoghesi? A quanto pare per la Grecia di 3 anni fa NULLA era impossibile, perchè i portoghesi persero ancora. Fu ancora Charisteas, ancora di testa (con gravi colpe però di Ricardo in occasione del gol) e ancora attorno al 65' a segnare il gol decisivo. Così, mentre un intera nazione sprofondava nel pianto, Atene impazziva di gioia. L'europa in generale capiva che quest'estate era greca a tutti gli effetti, considerando che dà lì a poco anche le olimpiadi estive si sarebbero svolte nella capitale ellenica.

In Italia molti pseudo fenomeni etichettarono il successo greco come "la fine del calcio" (qualcosa di simile alla fine del mondo), "una mera casualità", "pura fortuna". La verità è che 23 carneadi misero in ginocchio tutte le nazioni calcisticamente più forti del vecchio continente, evidenziando quanto possa essere importante il gruppo nel calcio moderno. Chi, come FRancia e Italia, ha imparato qualcosa da tutto questo ha giocato la finale mondiale del 9.7 a Berlino. Gli altri, come per esempio Inghilterra e Spagna, continuano a collezionare figuraccie e a dire che è colpa della sfiga.

mercoledì 21 novembre 2007

Squadre vere I: Grecia 2004 (I parte)




L'arbitro fischia. L'europeo portoghese è finito. I nuovi campioni d'europa vengono dall'Europa del sud, ma non parlano italiano, spagnolo o portoghese, perlomeno non come lingua madre. Sarà Zagorakis ad alzare la coppa. Zago chi? Zagorakis, fiero capitano della Grecia, votato dalla giuria come miglior giocatore del torneo ed ora presidente del PAOK Salonicco. Grecia dunque. In Portogallo non vogliono crederci: loro, i padroni di casa, squadra più spettacolare del torneo, buttati giù da un gruppo di semisconosciuti... Roba da non credere.

Fu così casuale la vittoria greca agli europei? Io penso di no, anche perchè rifiuto a priori di credere alla fortuna, se non nella misura che essa esista se cercata voluta, seguendo una specie di versione reggiana (personalissima) del calvinismo. Come arrivò la Grecia all'europeo? Vincendo il proprio girone di qualificazione, davanti a Spagna e Ucraina (non il Carpi e la Giacomense). Lo fece con un ruolino di marcia di tutto rispetto: dopo aver perso le due prime partite, gli ellenici si ripresero alla grandi e vinsero le restanti 6 partite. Espugnarono addiritura Zaragoza, infliggendo alla Spagna una sconfitta che, qualche mese successivo, avrebbe avuto il sapore della profezia.

Quindi la Grecia aveva senz'altro a disposizione già un piano di gioco, un'organizzazione, a dimostrazione che nulla è casuale nella vita. I greci finirono in un girone di ferro, con Russia, Portogallo (padrone di casa) e Spagna (ancora una volta). Ma il ct Rehagel (tedesco) aveva ben chiare le idee: sapeva di non poter sfidare apertamente queste squadre, sapeva di non aver Zidane o Ronaldo in squadra. E fece così di necessità virtù.

Dopo la vittoria all'esordio contro i padroni di casa, un sofferto pareggio contro la Spagna (charisteas fu straordinario nell'approfittare di una delle poche incertezze della retroguardia iberica) consentì ai Greci il lusso di poter perdere contro la Russia e qualificarsi ugualmente, mentre nella battaglia campale fra spagnoli e portoghesi furono i lusitani ad avere la meglio.

Poi i quarti, e la sfida contro la Francia. Grecia data perdente al 99%, ma è dai tempi di Leonida che i greci si esaltano in queste sfide. I francesi, fiduciosi in ciò che potevano combinare Henry, Zidane e Trezeguet là davanti, non avevano dubbi: toccava a loro passare il turno.

martedì 20 novembre 2007

L'importanza di Luca Toni


Luca Toni è un fenomeno. E lo affermo nel pieno della mia lucidità mentale. Non è tecnico, d'accordo, non è veloce, non è Trezeguet in acrobazia. Diciamo che ai più può sembrare un giandone. Ma la realtà è ben più coplessa. Me lo ricordo il vecchio Luca Toni, quello di Brescia e Vicenza, un attaccante forte, ma forte come tanti. Due piedi quadrati, nulla di fenomenale, solo un gran fisico, un gran colpo di testa, una grande forza d'animo.

Poco insomma per emergere dal gruppo, per fare la differenza. Arriva ai 26 anni senza particolari sussulti, passando però al Palermo. In Sicilia però le cose cambiano. La media gol di Luca Toni si impenna: 50 gol (tra A e B) in 80 presenze. Sembra quasi un altro calciatore. Il punto è che la performance di Toni non cambia che si parli di Serie A o B. Passa quindi alla Fiorentina, la squadra che una volta era di Gabriel Omar Batistuta, ma Luca non sente particolari responsabilità. Come diciamo dalle nostre parti (dico nostre, poichè Luca Toni ed io siamo nati a 20 km di distanza) questo ragazzo "al'ga dù maraun acsè" (ci siamo già capiti). Diventa l'idolo del Franchi, arriva alla scarpa d'oro schiantando Eto'o e Henry, è parte integrante dell'Italia campione del mondo in Germania.

Già, l'azzurro. Toni va a segno nella prima partita di qualificazione mondiale giocata a Palermo, contro la Norvegia. Lippi crede nel modenese ed ha ragione. Piano piano Toni diventa il vero centravanti titolare dell'Italia, scalzando Vieri, Gilardino e compagnia bella. Lippi capisce che è il più forte, perchè i difensori non riescono ad arginarlo fisicamente, perchè se lui là davanti arriva sul pallone, tutta la squadra può attaccare gli spazi contando sul suo appoggio. E'un vantaggio incalcolabile averlo in campo. La dimostrazione della forza straordinaria di Toni arriva in casa dell'Olanda. Luca segna un gol e fa diventare pazza la difesa orange. Il ct dell'Olanda, uno dei più forti centravanti di tutti i tempi, un certo VAN BASTEN, dichiarerà di aver visto in campo un centravanti incontenibile. Luca Toni per l'appunto.

Poi i mondiali, l'esordio con traversa contro il Ghana, la doppietta contro l'Ucraina, il gol annullato e la traversa in finale. Non è un mondiale perfetto, ma il lavoro sporco c'è stato. Luca Toni è stato una pedina fondamentale nello scacchiere azzurro. Anche Donadoni sa quanto lui sia importante. Se l'Italia ha staccato il biglietto per l'europeo austro-elvetico, il merito è anche del ragazzone di Stella.

Segna il gol della tranquillità nel match spareggio contro l'Ucraina, una sua doppietta piega la tenace Scozia a Bari, è suo il gol del vantaggio nel ritorno con i britannici. E'insomma tra i grandi protagonisti della nuova Italia di Donadoni , assieme a Pirlo, Di Natale, Cannavaro.

Ma alla fine, com'è possibile che un giocatore normale sia diventato una macchina da gol? Bè, intanto c'è da dire che l'attuale Luca Toni è u giocatore più che discreto tecnicamente, diciamo che ha "arrotondato" gli spigoli dei piedi con l'allenamento. Poi aggiungiamo anche una dimensione psicologica del fenomeno, ovvero il fatto che questo ragazzo abbia cominciato a credere nelle proprie possibilità, incoraggiato anche da chi gli è sempre stato vicino, aiutato da scelte oculate (prima di tutto dove andare a giocare) e opportune. Adesso l'Italia ha a disposizione un calciatore maturo, immarcabile per un gran numero di difensori. Spero davvero che l'europeo possa essere per lui la consacrazione. In bocca a lupo Luca!!

domenica 18 novembre 2007

Und jetzt europameisterschaft!!!


E' difficle vedere l'Italia mancare nei momenti decisivi ultimamente. Come dimostrò il mondiale di Germania dopo un gran girone di qualificazione e alcune vittorie roboanti in amichevole (quella di Firenze contro la Germania fu un inno al calcio), come dimostrò il gran recupero della nostra nazionale dopo l'abbandono di Lippi (se penso allo scorso 6/9 mi vengono i brividi, ero sicuro che non ci saremmo mai qualificati per l'europeo) e come ha dimostrato la gran partita di ieri sera in quel di Glasgow.

E' bello per me che ho 21 anni vedere una nazionale così. Grintosa ma anche tecnicamente valida, umile, con tanti giocatori che si sono fatti da soli (penso soprattutto al mio conterraneo Luca Toni), con altri come Cannavaro e Panucci che continuano a giocare con il cuore, con l'amore per l'azzurro, con Pirlo e Buffon che meriterebbero un pallone d'oro a testa.

Mi ricordo delle nazionali italiane degli anni '90. Cavolo, avevamo un potenziale infinito. Baggio, Maldini, poi Del Piero, Nesta.... Ma no avevamo una sqaudra. E questo si vedeva prontamente nelle qualificazioni, quando rischiavamo di tutto, contro qualsiasi nazione esistente. Poi ai mondiali o agli europei ce la cavavamo. Sempre con il trascinatore di turno. Che fosse Baggio (Usa94), Vieri (4 anni dopo) o addiritura un careade come Schillaci poco importava. Fatto sta che in 10 anni i risultati arrivarono sotto forma di piazzamenti e nulla più.

Poi la parentesi Zoff (98-00) e il primo abbozzo di un Italia diversa, operaia, unita. Una di quella squadre che esaltano gli italiani, che assomigliano tanti ad un ciclista che non può mollare la ruota di chi sta attaccndo la salita. E allora si difende come può, ciondolando la testa, con smorfie di ogni tipo. Ma piace, perchè lotta, fino alla fine, con il cuore. Il pubblico vede che non ne ha più, che quello che sta facendo ritmo lì davanti ne ha di più. E allora applaude, perchè capisce che la vera impresa nello sport, come nella vita in generale (ecco perchè lo sport alla gente piace poi così tanto) non è tanto il non cadere mai, quanto il sapersi rialzare per l'ennesima volta.

Perdemmo quel bellissimo europeo olandese, non prima di aver elimintao i padroni di casa dopo una partita incredibile (e, lì sì, tanto fortuna) e non prima di aver fatto tremare l'equipe de france di Zidane, Deschamps, Henry e Trezeguet. In quell'europeo vidi insomma il vero spirtio italiano, un qualcosa che assomigliava a quello del leggendario quanto per me sconosciuto (poichè, ahimè, mai visto) team del 1982.

Arrivò Trapattoni e furono 4 anni grigi che culminarono con 2 figure misere (o meglio, due disastri) in Corea e Portogallo. Lippi riprese il lavoro di Zoff, o quello che poteva recuperare, e lo elevò alla seconda. Si creò un gruppo coeso, solido, quello che ieri (con alcune modifiche) ha sbancato Glasgow. E allora grazie a tutti: a Donadoni (che ha saputo far fornte ad un'emergenza di fronte alla quale neppure Bearzot potè arginare) a Totti e Nesta (perchè sinceramente se non si ha voglia di sporcarsi e meglio prendere il sole a Fregene invece che andare nel pantano che c'era ieri sera a Glasgow) a tutti quelli che c'erano ieri sera in campo, panchina e tribuna (tifosi compresi) alla stampa straniera, eccetto quella francese (la più intelligente nonostante tutto) , la quale continua a parlare di catenaccio invece che di determinazione.

E forza Italia!

venerdì 16 novembre 2007

Glasgow 17.11.2007




Ci siamo! Ancora solo 24 ore e finalmente comincerà l'incontro degli azzurri in quel di Glasgow. Senza Totti e Nesta (a proposito, fortuna che ha lasciato la nazionale per giocare meno, fa tutte le amichevoli di Dio con il Milan. Complimenti per la coerenza), senza Materazzi (il quale tornerà), Del Piero (sia lodato il cielo) e Inzaghi (largo ai giovani).

Veniamo da una settimana drammatica, drammaticamente normale per noi italiani. La morte di Gabriele, le violenze degli ultras (o criminali?), l'appello di Kakà, il contrappello di Panucci... una gran voglia di calcio vero, di quello che unisce, non di quello che fa venire il voltastomaco.

Sembra che giocheremo con il modulo classico a 3 punte, che in realtà non è altro che la diretta evoluzione del modulo utilizzato in Germania da Lippi. E questa non è una critica a Donadoni, bensì un elegio, perchè ha saputo reggere splendidamente al post_Lippi, senza fare strani esperimenti e dovendo far fronte ad una vera situazione d'emergenza. Comunque vada a finire, Donadoni merita un elogio, anche per non essersi piegato alla politica del baciamano (Del Piero e altri intoccabili sono tornati sul pianeta terra).

La Scozia è avversario tosto, ha dato filo da torcere all'Italia di Lippi nelle qualificazioni a euro 2006 (ricordo la partita di glasgow, finì 1 a1, ma quel Miller ci fece rincretinire), ha sconfitto 2 volte la Francia di Domenech. Non si arrende mai e in qualsiasi altro girone avrebbe già la qualificazione in tasca.

L' uomo del match? Vedo molto bene Mauro German Camoranesi.

Vedremo.